Perché l’uomo è buono, nonostante sia egoista?

23 Febbraio 2014 | Mente e corpo umano

La sopravvivenza ci rende egoisti

Può sembrare un controsenso affiancare le parole «egoista» e «buono» per definire l’essere umano. Se qualcuno pensa soltanto a se stesso, logica vuole che metta il proprio interessa al di sopra di chiunque altro e in ogni circostanza.

Che l’uomo sia egoista è indubbio. Abbiamo visto che i sono i geni stessi a renderlo tale e proprio in quell’articolo ho anticipato che, in fin dei conti, la natura non è né benevola né malevola: è semplicemente indifferente, cerca soltanto di raggiungere il suo scopo di sopravvivenza. Ma anche senza ricorrerere alla scienza genetica, ci rendiamo conto da soli che le azioni dell’uomo – di chiunque – sono rivolte ad accrescere la propria soddisfazione e il proprio benessere personali, in buona parte dei casi incuranti di danneggiare chi ci sta attorno.

Certo, soprattutto tra conoscenti capita di offrire il proprio aiuto senza richiedere nulla in cambio. Si tratta però di una “finta bontà”: inconsciamente – che sia questione di geni o di psicologia – l’uomo offre il suo aiuto sperando di ricevere in futuro altrettanto; non è detto che l’aiuto debba tornare indietro da chi si è aiutati, potrebbe essere benissimo un ritorno per vie indirette da parte di altre persone.

È come se l’uomo, inconsciamente, nutrisse il pensiero: «Oggi do una mano a te. In futuro, tu o la ruota del destino farà in modo di aiutarmi in caso di bisogno». In gran parte dei casi: questa è la frase chiave.

Nascosto nell’inconscio

In verità, non funziona sempre così. Capita che l’uomo si commuova davanti a particolari situazioni e decida di “privarsi” dei propri averi in favore di altri. Provate a pensare alle vostre emozioni di fronte alle immagini scioccanti di povertà dei Paesi africani; o a un mendicante che chiede l’elemosina. Provate a restare indifferenti se vi trovate davanti a una scena di maltrattamento o a un abuso di potere che non vi tocca direttamente.

In questo caso, se l’uomo agisce, lo fa cedendo qualcosa di suo senza ricevere niente in cambio. Non si aspetta certo di ricevere un favore in futuro, visto che si sta occupando di uno sconosciuto.Che lo desideri o meno, quindi, l’essere umano è portato per natura ad aiutare gli altri.

Ma perché l’uomo è buono nonostante sia egoista? Non va contro gli interessi dell’evoluzionismo?

Non è una questione di religione

I credenti tireranno in campo l’elemento «religione»: non ha importanza quale sia la natura evoluzionistica dell’uomo, è la sua anima e la spinta di un Dio a renderlo buono. Questa affermazione è irrealistica da vari punti di vista.

Innanzitutto, cozza con il concetto di libero arbitrio: se l’essere umano è stato costruito come “buono”, allora non ha libera scelta di fronte a un avvenimento e agirà sempre e comunque secondo benevolenza. Perché il libero arbitrio esista, l’uomo deve essere nato “neutrale”, con la possibilità di sviluppare allo stesso modo il bene e il male. Si deve quindi escludere il fatto che sia nato “buono”.

Prendiamo invece in esame il fatto che sia il credo religioso a obbligare l’uomo a essere buono. In pratica l’idea che l’uomo non sia stato costruito “buono”, ma che lo diventi per un timore reverenziale nei confronti di un Dio. È stato dimostrato con una ricerca statistica che atei e credenti si comportano esattamente allo stesso modo davanti a situazioni analoghe. Richard Dawkins, nel suo libro L’illusione di Dio, ci fornisce numerosi esempi concreti. Vediamone alcuni.

Gli esperimenti

Il biologo Marc Hauser di Harvard ha posto dei questionari. In uno di questi, si immaginava 5 pazienti che stavano morendo in ospedale in attesa di cinque organi diversi. Il chirurgo si accorge che in sala d’aspetto si trova una persona sana, dalla quale si potrebbero esportare gli organi. Il dilemma era: è giusto uccidere una persona per salvarne cinque?
Per quasi tutti i partecipanti, era immorale uccidere una persona pur di salvarne cinque.

In un secondo questionario, si parlava di un treno fuori controllo. Sul binario principale si trovano 5 persone, sul binario secondario 1 persona. Il dilemma era: è giusto deviare il treno sul binario secondario, uccidendo una persona per salvarne cinque?
In questo caso, la risposta era positiva. Meglio sacrificare una persona per il bene di cinque.

Cosa differenzia i due questionari? Sembrerebbero uguali, eppure il risultato è esattamente l’opposto. La differenza sta nel fatto che, nell’esempio del treno, la persona da uccidere non sarebbe “usata” direttamente, ma sarebbe soltanto un effetto collaterale. Come dire: «Non è colpa mia se si trova sul secondo binario».

L’uomo, quindi, non sarebbe disposto a danneggiare direttamente uno sconosciuto neanche per un buon motivo, ma sarebbe disposto a “lasciarlo sacrificare” per un bene maggiore.

Lo stesso tipo di quesiti, adattati sostituendo il treno con un coccodrillo che si avvicina alle canoe, è stato posto agli indios Cuna dell’America Centrale. Le risposte sono state esattamente le stesse. Tutto questo dimostra che la morale dell’uomo non è influenzata né dalla cultura né dalla credenza religiosa.

Ma l’uomo è davvero buono?

Non si sa di preciso a cosa sia dovuto questo lato buono e gratuito dell’essere umano. Di sicuro è un retaggio primitivo, costruito dall’evoluzione nei secoli; ma l’evoluzione stessa ci dovrebbe spingere, più che altro, a pensare a noi stessi senza badare a danneggiare gli sconosciuti.

Avanzando una qualche ipotesi, forse si tratta di un «errore» evoluzionistico. L’essere umano, di base, aiuta la comunità sperando di ricevere dei favori corrispondenti in futuro. Questo meccanismo si mette però in moto anche davanti agli sconosciuti, dai quali di sicuro non si riceverà niente in cambio.

Anche la bontà è opportunismo

Resta però una domanda: è davvero buono l’essere umano o ci illudiamo che lo sia? Provate a pensare alle guerre, che hanno precisamente lo scopo di danneggiare gli altri, di ucciderli, di toglierli dalla propria strada (qualsiasi sia l’obiettivo da raggiungere). Qua rientrano il fattore “potere”, tanto caro all’uomo. E potere significa dimostrare la propria forza imponendosi sugli altri, cioè danneggiandoli volutamente.

Oppure immaginatevi mentre elargite elemosina a un vagabondo o concedete un aiuto gratuito a uno sconosciuto. Quando lo fate, provate soddisfazione e un piacere personale. Se vi trovate in una giornata storta, quante probabilità ci sono che concediate aiuto a uno sconosciuto? Se in quel giorno non vi sentite “in vena” di aiutare, perché pensate che quel gesto non vi dia la giusta soddisfazione, la probabilità che vi mettiate in gioco si riduce drasticamente.

Possiamo affermare che anche nell’aiuto gratuito, l’essere umano agisce se pensa di ricavare una propria “gratificazione” personale; in caso contrario nella gran parte dei casi rimanda la sua “benevolenza” a tempi migliori. Siamo sicuri che l’essere umano sia davvero buono per natura?

Fonti principali
Richard Dawkins, «L'illusione di Dio»
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