La forza delle piante – Le piante dominano l’Uomo

7 Maggio 2015 | Animali e piante

SOMMARIO

1. La forza delle piante – Le piante dominano la Terra
2. La forza delle piante – Le piante dominano gli animali
3. La forza delle piante – Le piante dominano l’Uomo

Introduzione

Nei precedenti articoli abbiamo visto come le piante si siano spinte fuori dai laghi e abbiano colonizzato la superficie, conquistando in breve l’intero pianeta Terra. Grazie a meccanismi di difesa e sfruttando gli insetti e i mammiferi come veicoli per la riproduzione, sono riuscite a sopravvivere anche alle grandi catastrofi, come quella che 65 milioni di anni fa ha provocato l’estinzione dei dinosauri.

In quest’ultimo articolo ci concentriamo su un tema che sicuramente ci interessa: il rapporto tra l’essere umano e le piante. Come è successo con gli animali, le piante hanno imparato a sfruttare l’Uomo come mezzo di riproduzione, e lo hanno fatto con un sistema molto semplice: il grano. Quello stesso grano senza il quale l’essere umano non si sarebbe mai evoluto come lo conosciamo oggi.

L’anidride carbonica si riduce di un sesto

Tra 50 e 30 milioni di anni fa, l’anidride carbonica iniziò a scarseggiare. Era già successo in passato, in tempi primordiali, anche se allora la causa era stata un’altra – e cioè il fatto che le piante assorbivano troppa anidride carbonica. Adesso invece il problema era legato alla natura stessa.

Siamo nell’epoca della massima espansione orogenetica della storia, in cui si formano le più grandi catene montuose (tra cui l’Himalaya). È la presenza di queste enormi catene a favorire la nascita di monsoni. Le piogge fanno precipitare l’anidride carbonica negli oceani, dove viene trattenuta all’interno del calcare.

Le piante devono ricorrere ai ripari, perché l’anidride carbonica è stata ridotta di ben un sesto e minaccia la loro sopravvivenza. Si dotano quindi di un nuovo tipo di foglia, provvisto di anelli di cellule specializzate che aspirano e concentrano l’anidride.

L’erba, stupefacente miracolo di ingegneria

8 milioni di anni fa la Terra diventa molto più arida. Gli incendi sono frequenti e gli alberi, impotenti, non possono fare altro che subirne l’effetto.

Le piante, anziché cadere in disperazione, portano alla diffusione di un elemento particolarmente potente: l’erba. Quando scoppia un incendio, le fiamme sprigionano un calore di oltre 180 gradi Celsius (360 gradi Fahrenheit), e a questa temperatura gli alberi vengono incendiati.

L’erba, però, è la pianta più resistente sulla faccia della Terra ed è costruita per resistere al fuoco. Paradossalmente, basta una scintilla per farla infiammare; ma il punto più caldo delle fiamme si trova a un metro da terra e non al suolo. La parte dell’erba sotto al suolo, che non brucia nell’incendio, può tornare a ricrescere. E lo fa molto più rapidamente di qualsiasi albero.

Dove prima c’erano gli alberi, l’erba comincia a diffondersi. La stessa espansione dell’erba favorisce gli incendi, provocando distruzioni di intere foreste. Di conseguenza, la fauna si deve adattare e gli erbivori cambiano dieta per cibarsi della nuova vegetazione: le piante erbacee.

Gli erbivori diventano un pericolo

La strategia per sterminare gli erbivori

Sembra incredibile come una piccola evoluzione possa cambiare radicalmente l’intero ecosistema terrestre eppure se di mezzo ci sono le piante, dopo quanto abbiamo visto, non dovremmo più stupircene.

Gli erbivori iniziarono a divorare voracemente l’erba, che fu costretta a contrattaccare. L’unico mezzo di difesa a cui l’erba poteva accedere doveva trovarsi nel terreno, e infatti fu qui che lo trovò. Assorbì la silice e creò un bordo seghettato lungo la foglia. Provate a prendere uno stelo d’erba e a sfregarvelo sul dito: se lo fate inclinandolo nella giusta direzione, vedrete la vostra pelle sanguinare.

6 milioni di anni fa, gli erbivori si trovarono a masticare qualcosa di indigesto – e di pericoloso per il loro delicato apparato digestivo. Questo, unito all’avanzare della prateria e alla diminuzione delle foreste, portò a una conseguenza terribile: avvenne una delle più grandi estinzioni di mammiferi della storia.

Nella sola America del Nord si estinse oltre la metà dei mammiferi erbivori. Tra le specie scomparse ricordiamo, per esempio, l’indricoterio, il più grande mammifero del tempo. I mammiferi rimasti dovettero evolversi e sviluppare denti più robusti per sminuzzare la silice prima di inghiottirla. Nacque la specie di cavalli giunta fino ai tempi moderni.

Largo alle alghe

La silice scartata con le feci dagli animali finiva nei fiumi e poi negli oceani. Qui le diatomee (alghe verdi) se ne cibavano, perché il loro minuscolo scheletro richiede la silice. Grazie a questa abbondanza, il numero delle diatomee aumentò a dismisura, attirando branchi di pesci, e di uccelli che si nutrivano dei pesci. Più importante ancora, oggigiorno le diatomee da sole producono un quarto dell’ossigeno dell’atmosfera. Sono, in pratica, i «polmoni dell’oceano».

Ancora una volta le piante si sono dimostrate capaci di stravolgere la fauna e gli ecosistemi dell’intero pianeta. Ma per loro non bastava. Da sempre le piante cercano nuovi sistemi per tutelarsi nel migliore dei modi. E così si accorsero di una specie animale dotata di un grande potenziale: l’Uomo.

Le piante incontrano l’Uomo

Adattamento

Siamo in Turchia, a 30 km da Göbekli Tepe, il più antico insediamento avanzato scoperto finora (di cui abbiamo parlato in un precedente articolo). Il grano ha subito una mutazione. Prima di questo momento, quando il chicco arrivava a maturazione le cellule attorno al ramo si sfaldavano, portando il chicco a cadere. Adesso, invece, le cellule rimangono salde anche quando i chicchi maturano.

A prima vista potrebbe sembrare più un danno che un vantaggio, e infatti è così: se quando i chicchi maturano non cadono al suolo, non potranno far nascere nuove spighe di grano. Perché allora le piante raggiunsero questo tipo di evoluzione?

La civiltà ha inizio

Il fatto è che l’essere umano aveva già cominciato a muovere i primi passi. Quando si accorse che il grano rimaneva saldo, capì di poterlo raccogliere e coltivare in futuro. La storia ci dice che furono tre gli elementi che portarono l’uomo a diventare “civile”: il fuoco, la scrittura e la coltivazione.

Il grano diede all’uomo il pane, una fonte di energia che poteva essere conservata e trasportata. I cacciatori sparirono per lasciare il posto ai contadini. Grazie all’insediamento si crearono opere stupefacenti come Göbekli Tepe (dove probabilmente si impastò il pane per la prima volta).

Il vantaggio per le piante? Una procreazione priva di pericoli. Era l’Uomo a pensare a tutto: coltivava il grano, lo difendeva dai predatori e spargeva i suoi semi. Le piante avevano trovato un nuovo animale di cui servirsi.

Conclusioni

L’essere umano non esisterebbe senza le piante

Anche questa volta ci troviamo di fronte a dei meccanismi estremamente ingegnosi – oserei dire «intelligenti» – creati dalle piante per favorire se stesse.

Proprio il fatto che si tratti di atti di egoismo, cioè il desiderio di preservare la specie e di tramandare i propri geni ai posteri, sembra rendere queste manipolazioni il frutto di una casuale e fortuita selezione naturale. Ma i dubbi sono profondi.

La creazione delle foglie seghettate potrebbe essere vista effettivamente come un tentativo ben riuscito di difendersi. Altri mille tentativi potrebbero non essere andati a buon fine, portando all’estinzione di piante erbacee che oggi non conosciamo. Da questo punto di vista, è la selezione naturale a intervenire: tiene le piante con i meccanismi di difesa adatti, elimina le altre.

Per quanto riguarda il grano, però, ci sono delle anomalie. Innanzitutto, la selezione naturale impiega millenni, spesso milioni di anni per permettere a un nuovo elemento di stabilirsi e di renderlo “adatto” alla sopravvivenza. L’essere umano come organismo pensante è molto più recente. Sebbene gli ominidi si siano sviluppati milioni di anni fa, l’homo sapiens sapiens (la nostra specie moderna, e cioè l’ominide con il cervello adatto per pensare alla coltivazione) è molto più recente: è nato circa 35 mila anni fa. Un tempo forse troppo breve per permettere alla selezione naturale di sviluppare “a tentativi” il grano che non si sfalda, in modo da favorire un’unica specie ancora in via di formazione: l’Uomo.

Strategia o caso fortuito?

Certo, probabilmente è stato un caso. Forse il grano “che non si sfalda” era già presente prima che gli ominidi nascessero ed è solo un caso che noi abbiamo cominciato a usarlo. Allo stesso modo potrebbe essere un caso fortuito che le piante siano riuscite a sopravvivere per milioni di anni, superando catastrofi naturali; e potrebbe essere un caso che gli animali si siano lasciati sfruttare da loro, favorendogli la riproduzione.

Riassumiamo il contenuto dei tre articoli.

Radici per salire in superficie. Foglie per assorbire maggiore anidride carbonica. Spine e tossine per allontanare gli animali predatori. Pollini e semi per garantirsi la riproduzione. Petali colorati e fiori per attrarre gli insetti (specifici tipi di insetti). Frutti per attirare i mammiferi. Erba per proteggersi dagli incendi. Selce per eliminare gli erbivori che si cibavano d’erba. E infinte il grano, ultimo e grandioso passo per garantirsi la sopravvivenza eterna.

Una quantità enorme di casi fortuiti, cosa che nessun’altra specie animale ha potuto vantare. Oppure siamo di fronte a un tipo di intelligenza che ancora non comprendiamo fino in fondo?

Fonti principali
«Terra, il potere delle piante», documentario
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