La Luna ha sempre avuto un fascino particolare agli occhi dei popoli. L’abbiamo usata per misurare lo scorrere del tempo, per scacciare il buio della notte, per scrivere poesie, per creare miti simili a splendide favole, per sognare di colonizzare lo spazio quando Neil Armstrong ha messo piede sul suo terreno per la prima volta nel 1969.

Video – Le leggende metropolitane sulla Luna

In questo video di Adrian Fartade trovate buona parte degli argomenti che riassumo nell’articolo. Adrian è uno YouTuber e un ottimo divulgatore di scienza, in particolare astronomica, e spesso analizza in dettaglio alcune delle leggende metropolitane più diffuse.

Se non avete tempo di guardarvi l’intero video, potete saltare l’introduzione e iniziare dal minuto 24, dove Adrian inizia a elencare i vari luoghi comuni legati alla Luna e gli studi che li riguardano.

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In due precedenti articoli abbiamo visto che cos’è la paura e cosa succede al nostro corpo quando proviamo paura. Massimo Picozzi, psichiatra e criminologo, fa un ulteriore passo avanti e distingue due tipi di timori: la paura innata e la paura liquida.

La paura innata

Sulla «paura innata» abbiamo già parlato: come dice il nome, ce la portiamo appresso dalla nascita ed è il retaggio della nostra evoluzione. Visto che la nostra mente possiede ancora una parte istintiva e primitiva, proviamo ancora paura davanti a elementi che un tempo spaventavano i nostri antenati e che oggi sono spesso innocui: rumori improvvisi, il buio, il volto degli estranei.

La nostra mente, però, ha anche un lato razionale, per cui quando cresciamo e iniziamo a comprendere il mondo che ci circonda, buona parte delle paure dei bambini spariscono per lasciare il posto a nuovi timori. Per esempio, il terrore verso gli animali si concentra tra i 2 e i 4 anni e diminuisce verso gli 11 anni; e la paura del buio e degli “spiriti” che si nascondono all’interno è più forte dai 4 ai 6 anni.

Negli adulti subentrano invece i timori più complessi: la solitudine, la salute, l’insicurezza economica. E qui ci agganciamo all’altro tipo di paura, quella liquida.

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Si chiama «Breakthrough Starshot» ed è un progetto straordinario che promette di inviare nello spazio delle nanonavi grandi come un pollice, capaci di raggiungere sistemi stellari lontani in pochi anni viaggiando a un quinto della velocità della luce.

Il programma risale al 2016 e per farvi capire quanto sia preso in seria considerazione è sufficiente citare le persone che hanno voluto in qualche modo parteciparvi o mettere la faccia: Stephen Hawking e Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, hanno appoggiato pubblicamente il progetto, mentre l’ex fisico Yuri Milner vi ha investito personalmente ben 100 milioni di dollari.

Nanonavi, vele e cannoni laser

Vele per sfruttare la luce del Sole

L’idea non è nuova, perché già in passato si era parlato di «vele solari», cioè di attaccare alle astronavi delle enormi vele e di spingerle verso una direzione nello spazio usando un laser sparato dalla Terra o sfruttando il vento solare (cioè la luce del Sole).

Nel secondo caso i costi per lo spostamento sarebbero ridotti a zero, perché la luce del Sole è gratuita: i fotoni (le particelle che formano la luce) esercitano una minuscola pressione quando colpiscono un oggetto, per cui possono spingere le vele nel senso opposto del Sole. Il problema caso mai è nei costi necessari per realizzare le enormi vele e i corpi a cui sono ancorate.

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Lo aveva fatto Severn Suzuki nel lontano 1992 e lo ripete oggi Greta Thunberg, un’altra giovane studentessa proveniente dalla Svezia: un discorso pubblico che attacca i governanti di tutte le Nazioni, insultandoli per la loro inefficienza e per il fatto di continuare a parlare senza mettere in atto le loro promesse.

L’argomento è il cambiamento climatico che ha raggiunto livelli preoccupanti negli ultimi anni e che continuerà a peggiorare nel prossimo futuro, con il rischio di arrivare a un punto di non ritorno. I climatologi ne parlano così spesso che ormai la gente è tanto assuefatta dal tema che nemmeno si rende conto della gravità della situazione. Ma i dati raccolti parlano chiaro, nonostante siano in molti a volerli ignorare (per ignoranza o per motivi egoistici).

Il succo del discorso, che potete leggere o ascoltare per intero più sotto, è questo: chi è al potere avrebbe i mezzi per agire per conto del popolo, ma preferisce anteporre gli interessi economici e politici al futuro delle generazioni; peggio ancora, molti dei governanti preferiscono chiudere gli occhi del tutto o addirittura negare l’evidenza dei dati che mostrano un chiaro peggioramento del clima.

In queste condizioni è davvero imbarazzante che sia una ragazzina a puntualizzare la verità.

Chi è Greta Thunberg e cos’è la COP24

Wikipedia le ha già dedicato una pagina nella versione inglese e il Time l’ha inserita nella lista tra le 25 teenager più influenti al mondo del 2018. Nata nel 2003, Greta ha già dimostrato il suo carattere di attivista ambientale con degli scioperi, piazzandosi davanti al Parlamento di Stoccolma a settembre e parlando a una folla durante una protesta a Helsinki.

Oggi, a 15 anni, è tornata a far sentire la sua voce dopo la fine della COP24 di Katowice. La COP («Conference Of the Parties») è una riunione dedicata ai cambiamenti climatici che si tiene periodicamente tra i governanti della varie Nazioni: si era già tenuta due volte in Polonia, nel 2008 e nel 2013, e quest’anno la sede è stata a Katowice, nella Polonia meridionale.

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Immaginate di aver passato una serata al cinema con degli amici e di aver pagato voi in anticipo i costi del biglietto. Tutti i vostri amici hanno poi saldato il debito, a parte uno: lo incontrate qualche giorno dopo e gli fate notare che deve ancora pagarvi. Lui però afferma di avervi già pagato insieme agli altri.

Voi insistete per principio, siete sicuri di non aver ricevuto denaro, eppure il vostro amico sembra convinto di aver pagato. Il dubbio che siate voi in torto comincia a insinuarsi nella vostra testa.

Questa forma di manipolazione mentale si chiama «gaslighting» («luce a gas»): è una sottile strategia per insinuare il dubbio sulla memoria o sulla percezione di un soggetto. Anche se la vittima era certa al 100% di essere nel giusto, l’insistenza e l’atteggiamento convinto dell’altro la porta ad avere dei dubbi, a credere che dopotutto potrebbe anche essere vero l’opposto.

Una violenza psicologica

L’esempio appena fatto è innocuo, al massimo arrivate a perdere qualche euro, ma il gaslighting potrebbe essere usato per questioni più gravi. Il caso di abuso più frequente è far credere, dopo una discussione, di non aver detto certe frasi che la vittima è sicura di aver sentito.

Può succedere tra partner, tra amici (che non sono dei veri amici, a questo punto…), tra colleghi di lavoro in un ambiente competitivo. In gran parte dei casi il manipolatore è un sociopatico, perché è abituato a mentire e a non seguire le regole morali, e quindi per lui condizionare gli altri rappresenta un modo naturale per ottenere quello che vuole.

Quando l’altra persona in causa è più “potente”, come può esserlo il capo di un’azienda, non possiamo nemmeno ribellarci troppo a lungo e ci sentiamo ingiustamente manipolati. Se succede due, tre volte solo con noi e non con gli altri nostri colleghi, è ovvio che nascano dei dubbi sulla nostra sanità mentale.

Se si viene sottoposti a una manipolazione del genere prolungata nel tempo, la vittima comincia a non fidarsi più della propria memoria. Nei casi peggiori potrebbe impazzire, convinta che buona parte di quello che sente e ricorda non sia la verità. Arrivata a questo livello, la vittima si sente sottomessa al manipolatore, perché non è più sicura di sé stessa.

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A parità di ruoli nel lavoro, in media la donna ha un guadagno orario inferiore all’uomo. Per esempio in Polonia guadagna 91 centesimi per ogni dollaro dell’uomo, in Israele 81 centesimi e in Corea del Sud solo 65 centesimi. Il dato sembrerebbe dimostrare che la donna viene discriminata perché «così deve essere»: infatti percepisce molto meno proprio in quei Paesi dove gode di minori diritti.

Si potrebbe pensare che una delle cause sia il differente livello di istruzione, visto che i lavori più remunerativi richiedono (in genere) delle conoscenze adeguate e che in molti Stati la donna non ha accesso alle stesse scuole maschili. Ma mentre fino a metà del ‘900 poteva essere una scusante valida, oggi non lo è più per i Paesi sviluppati, perché con i movimenti e le proteste di emancipazione la donna ha ottenuto pari opportunità scolastiche. Anzi, i dati sembrano dimostrare che spesso la donna ottiene voti migliori dei compagni di corso.

Cause culturali e… biologiche

Un pensiero contorto duro a morire

In realtà la questione è complicata. Anche in quegli Stati dove uomini e donne godono di pari diritti, e dove la donna viene inquadrata allo stesso livello lavorativo dell’uomo, le disparità si assottigliano ma non scompaiono. Perché continua a essere discriminata in campo economico?

Il fatto è che da sempre il mondo del lavoro appartiene al maschio e l’idea si è così radicata nella società da diventare difficile da estirpare. I sondaggi mostrano che si tratta di un pensiero tanto maschile quanto femminile, per cui la discriminazione sessista in sé non c’entra. Un tempo la donna non usciva di casa, non lavorava e aveva una bassa istruzione con poche eccezioni degne di nota: la conseguenza è che la struttura del lavoro è stata creata a «misura di maschio» in cui d’istinto si immagina la donna non adatta a fare carriera.

Il sesso di nascita comunque ha un ruolo sempre più ridotto nella differenza di guadagni. Quello che incide di più è invece l’aspetto biologico.

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«Hikikomori» è un termine giapponese che significa letteralmente «stare in disparte, isolarsi». Nello specifico deriva dalle due parole giapponesi hiku («tirare») e komoru («ritirarsi»): il significato è quindi qualcosa come «decidere di abbandonare e di ritirarsi».

Rappresenta infatti un fenomeno (piuttosto preoccupante) che si è sviluppato in Giappone, ma che si sta espandendo a macchia d’olio in ogni angolo del pianeta – Italia inclusa – in cui i giovani scelgono di isolarsi del tutto dalla vita sociale fino ad arrivare a condurre una vita nottura e spesso legata al web.

Sommario

Come si riconosce un hikikomori
L’identikit di un hikikomori
Essere un hikikomori è un problema?
Perché si ritira dal mondo?

È possibile guarire?
Come aiutare un hikikomori a uscirne

Come si riconosce un hikikomori

Tutti noi conosciamo almeno un amico che preferisce stare in piedi fino a tardi, vivendo al pieno la notte e dormendo di giorno. L’hikikomori però va ben al di là del semplice desiderio di “godersi la notte”, perché per lui è una vera e propria esigenza.

Gran parte della gente, infatti, vive di giorno e sempre di giorno restano aperti i locali, le istituzioni, i ristoranti pieni di gente. L’hikikomori vuole allontanarsi da tutto questo e allora ritirarsi nella notte diventa il modo più facile per farlo (se non l’unico).

L’identikit di un hikikomori

Il giovane recluso ha in genere tra i 14 e i 30 anni e non studia né lavora. Di solito è di sesso maschile (ma il numero di ragazze è in crescita). È senza amici, parla a malapena con i genitori e si ritira per gran parte del giorno nella sua camera da letto. Il suo imperativo è: «evitare il confronto con l’esterno». L’unico modo che usa per interagire con il mondo è il computer e il cellulare, perché così non deve esporsi; infatti di solito usa dei falsi profili.

Spesso l’hikikomori presenta depressione e alcuni disturbi mentali evidenti, come il disturbo ossessivo-compulsivo (ne ho parlato in questo articolo). Inoltre circa la metà di loro sfoga la frustrazione con l’aggressività nei confronti dei genitori.

Secondo alcuni dati, in Giappone gli hikikomori hanno superato la strabiliante cifra di un milione di individui: stabilire un vero numero è impossibile, perché è difficile capire chi rientra davvero nel ruolo. Quello che si sa, purtroppo, è che i numeri stanno crescendo e si stanno allargando anche in Europa e in America. In Italia abbiamo già toccato i 100mila giovani, a tal punto che si sono create delle istituzioni apposite per diffondere l’allarme, tra cui la Hikikomori Italia [vedi le fonti a fine articolo].

Gli hikikomori sono il risultato del mondo moderno, dove quasi tutto può diventare accessibile attraverso il web e la tecnologia: dall’interazione sociale all’ordinare una pizza da mangiare e al farsi consegnare a casa dei nuovi vestiti. Se non è internet a provvedere, sono i genitori. Non è un caso che il fenomeno coinvolga gli Stati più sviluppati: figure come questa, infatti, non trovano spazio nei Paesi poveri dove è necessario darsi da fare per sopravvivere e di sicuro trovavano posto difficilmente in tempi antichi, quando bisognava per forza uscire per procurarsi di che vivere.

Può sembrare una contraddizione il fatto che solo il 10% circa degli hikikomori navighi sul web, preferendo invece leggere e oziare in camera; ma dal mio punto di vista è proprio la sicurezza moderna data dal benessere a permettere il dilagare del fenomeno, sia direttamente (con la tecnologia) e sia indirettamente (con i genitori benestanti che non hanno necessità di rendere il figlio indipendente).

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Erice

Erice è una cittadina medievale in provincia di Trapani che si trova in cima all’omonimo Monte Erice, a 751 metri di altezza. Consiglio vivamente di visitarla se capitate nei dintorni, perché offre degli scenari spettacolari oltre a dare il sapore di antichità unita al moderno.

La mia visita è avvenuta l’11 agosto 2018, in una calda giornata d’estate. Il vento sempre presente ha reso il caldo molto più sopportabile, al punto da rendere obbligatorio l’uso di una maglia leggera in alcuni momenti. Seguite i consigli che vi lascio più sotto per sapere come equipaggiarvi.

Come raggiungere Erice

È possibile raggiungerla in auto – la strada a tornanti però non è semplice ed è spesso stretta – oppure attraverso la comoda funivia che parte da Trapani e vi offre 10 minuti di panoramica sulla città e sulle isole Egadi. Potete parcheggiare vicino a Porta Trapani (parcheggio a pagamento).

Il costo della funivia per andata e ritorno è 9 €. Tenete presente che la funivia potrebbe essere sospesa in caso di forte vento, per cui usate i contatti del sito ufficiale per assicurarvi che sia in funzione. Se al ritorno la funivia fosse chiusa a causa del vento, il biglietto vi permette di chiamare gratuitamente un trasporto.

Visita a Erice

Perdervi nel dedalo delle vie medievali è facile, ma se avrete tra le mani la mappa ricevuta con il biglietto della funivia riuscirete a muovervi senza problemi. La via principale da percorrere è via Vittorio Emanuele, che attraversa il centro storico.

Ci sono alcuni punti focali da non perdere. Erice conta una sessantina di chiese, ma la più importante è senz’altro il Duomo (chiamato anche «Chiesa Madre»), che si trova in Piazza Matrice.

Il secondo punto imperdibile è il Castello di Venere. Si tratta di un castello normanno eretto nel XII-XIII secolo, che ha sostituito il tempio a Venere Ericina dove i fedeli su univano alle sacerdotesse che praticavano la prostituzione sacra. Il castello è chiuso, ma il giardino è visitabile e grazie a una terrazza (molto ventosa) è possibile vedere il meraviglioso panorama di San Vito Lo Capo e delle Saline di Trapani.

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Secondo la NASA attorno alla Terra ci sono circa 22.000 oggetti più grandi di 10 cm e milioni di frammenti più piccoli. I frammenti viaggiano 7 volte più veloci di un proiettile e, visto che le leggi fisiche non sono un’opinione, questo significa che anche il più piccolo residuo può trasformarsi in un’arma potente capace di distruggere un veicolo spaziale.

La distruzione di un satellite artificiale, però, non è il pericolo più grande. Lo scenario peggiore prevede una tremenda reazione catena, innescata appunto da una collisione iniziale, che porterebbe a danni enormi e incontrollati.

Prima di entrare nel vivo dell’articolo, meglio fare una rapida premessa: i satelliti ci servono. Ormai sono tanto integrati nella nostra vita quotidiana che non ci rendiamo nemmeno conto di quanto ne facciamo uso, a partire dalle previsioni meteorologiche fino ad arrivare ai nostri cellulari, ai video online e agli orari degli autobus. Quindi «evitare di mandare altri satelliti in orbita» non è una soluzione, a meno che non vogliamo fare un grande passo indietro nel mondo tecnologico. La soluzione è invece trovare un sistema per eliminare i detriti inutili.

Detriti accumulati dagli anni ’50

Nel 1958 gli USA hanno lanciato il satellite Vanguard I, che è tutt’ora in orbita e rappresenta il più antico detrito a minacciare la Terra. Da allora gli oggetti spaziali si sono accumulati a grande velocità, fino a raggiungere la situazione critica che conosciamo.

Tra i detriti a fare da cornice al nostro pianeta si contano frammenti di satelliti, vernici, particelle artificiali e polveri, liquidi refrigeranti e materiali emessi dai motori dei razzi. Ci sono anche dei reperti storici perduti dagli astronauti: uno spazzolino da denti, una chiave inglese, un paio di pinze, il guanto di Edward Higgins White, (primo americano a fare una passeggiata spaziale) e la fotocamera di Michael Collins (che partecipò tra le altre alla missione Apollo 11 che portò il primo equipaggio sulla Luna).

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Mammiferi, pesci, insetti, rettili: non si salva nessuno dalla selezione “innaturale” che l’essere umano ha provocato nel corso della storia animale.

Si sa, l’essere umano ha messo le mani su così tante risorse del pianeta Terra e ha lasciato un’impronta così profonda al suo passaggio da trasformare gli ecosistemi in qualcosa di nuovo. A volte la sua opera porta, o contribuisce, all’estinzione delle specie. I dati parlano chiaro: tra le altre cose è responsabile della morte di miliardi di uccelli ogni anno e la sua luce artificiale sta creando dei disastri ambientali.

Ma la natura non sta a guardare e in pochi decenni è capace lei stessa di trasformare gli esseri viventi in una nuova forma. In altre parole, di farli adattare. L’adattamento e la comparsa di caratteristiche nuove in una specie richiedono di solito secoli, millenni o anche milioni di anni, però a volte si fanno dei passi avanti in brevissimo tempo. Questo succede soprattutto con gli esseri viventi che hanno una vita breve e che quindi danno origine a molte generazioni in pochi anni.

Di seguito trovate una lista di animali che si sono dovuti adattare a causa dell’attività dell’uomo. Spesso l’evoluzione è servita per riportare l’equilibrio tra prede e predatori ed è una prova ben chiara di come la seleziona naturale sia capace di azioni molto rapide quando la situazione diventa critica.

Salmoni precoci

Un esempio di selezione naturale nata dall’attività dell’essere umano si trova in Alaska, dove alcuni salmoni rosa hanno sviluppato un gene che li spinge a risalire in anticipo il fiume per deporre le uova. Infatti le acque dei fiumi si fanno sempre più calde e l’aumento di temperatura impedisce alle uova di schiudersi bene, per cui è necessario portarle a destinazione in anticipo.

La conseguenza è che i salmoni dotati di questo gene sono aumentati di numero negli ultimi decenni, mentre i “normali” salmoni rosa stanno scomparendo.

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