Niente cavi, niente internet

Lo abbiamo visto in un altro articolo che internet non è fatto “di aria”, ma di una rete di cavi fisici che diffondono il segnale in tutto il mondo. Non mi sto riferendo alle linee che scorrono nella vostra città e che, se danneggiate, possono essere più o meno facilmente riparate: sto parlando di cavi importanti che, per esempio, mettono in comunicazione l’Europa con l’America. Se tagliamo questi cavi, abbiamo un bel problema.

Distruggere con un attacco terroristico tutti questi cavi (e quindi abbattere internet a livello globale) è praticamente impossibile, visti i controlli e la loro disposizione, affidata tra l’altro ad aziende diverse. Ma non c’è soltanto il fattore umano a preoccupare gli esperti, perché anche la natura ci mette lo zampino – anche se, indirettamente, potremmo essere comunque noi la possibile causa.

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Le prove

È tutto italiano il radar che ha messo finalmente in luce le prove di un lago di acqua liquida presente su Marte! Grazie alla sonda Viking della NASA, eravamo a conoscenza già nel 1976 che Marte fosse stato un tempo coperto di mari e di laghi, e in seguito abbiamo capito che buona parte dell’acqua è stata spazzata via dal vento solare o si trova sotto forma di ghiaccio nelle calotte.

Ma non si erano mai trovate delle conferme assolute su dove potesse essere finito il resto. Adesso lo sappiamo con una relativa certezza: il rimanente è stato convogliato in profondità. Il lago copre un’area di circa 20 km2 e si trova a 1,5 km sotto il Polo Sud del pianeta. Vista la temperatura, che si attesta sui -68 °C, per mantenersi in stato liquido l’acqua deve essere molto salata. Ancora non sappiamo la reale profondità, ma si stima che possa contenere almeno 10 miliardi di litri d’acqua.

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Un problema sociale

Il Treccani definisce l’empatia come:

La capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro.

Dietro a questa definizione si trova un mondo tutto da esplorare, perché se c’è una cosa che l’essere umano fatica a fare è proprio mettersi nei panni degli altri. La mancanza o la scarsità di empatia è alla base di gran parte dei problemi sociali (moderni e passati) e la tecnologia, che è sempre più integrata in noi, sta aumentando il nostro senso di “distacco” verso il mondo che ci circonda.

Insegnare l’empatia? Si può e si deve fare

La predisposizione a mettere se stessi al di sopra degli altri è genetica, innata, legata alla sopravvivenza del proprio sangue, ma lo è anche la capacità di provare empatia. L’empatia dipende molto dall’ambiente in cui viviamo e può essere dimenticata o appresa.

È su questa idea che si è sviluppata in Danimarca una vera materia scolastica dedicata a insegnare ai bambini il concetto di «empatia», o per meglio dire il senso pratico di empatia. Sulla base è molto semplice: il bambino impara a interagire con un gruppo e a capire gli altri, cioè a essere parte di qualcosa che non comprenda solo se stesso.

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Niente più lenti

Un’app dello smartphone, un colpo di laser del medico e un flacone di nanogocce: bastano questi ingredienti per dire addio ai difetti della vista e alle lenti a contatto.

I ricercatori dello Shaare Zedek Medical Center e della Bar-Ilan University (Israele) hanno testato questo metodo innovativo sui suini e sono riusciti a correggere la miopia e l’ipermetropia, per cui ci si aspetta la sperimentazione sull’essere umano entro fine 2018.

Come funziona il collirio?

Funziona così: il medico usa l’app di uno smartphone per misurare la rifrazione dei vostri occhi. Quindi usa un laser per proiettare sulla superficie della cornea dei lievissimi solchi, operazione che richiede pochi secondi. Da questo momento in poi, vi basterà usare delle nanogocce sull’occhio per “riempire” i piccoli solchi creati dal laser, come se stesse usando un normale collirio.

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Zero, un concetto sfuggente

Per contare serve la logica e il senso dello spazio. Nel caso dello zero, però, si richiede qualcosa in più: è un concetto più astratto, che indica l’assenza, il vuoto e il nulla. Ecco perché i bambini umani devono aspettare fino ai 4 anni d’età per iniziare a capire cosa significa davvero il «nulla».

Una ricerca portata avanti da un team internazionale coordinato da Scarlett Howard e in cui faceva parte, tra le altre, l’Università di Melbourne (Australia) ha dimostrato che anche le api sono capaci di comprendere il significato dello zero. E le api hanno appena un milione di neuroni: niente in confronto ai nostri 86 miliardi di neuroni, che ci hanno comunque obbligato ad aspettare migliaia di anni prima di mettere nero su bianco cosa significhi davvero lo “zero”.

Come si è svolta la ricerca

Una domanda naturale è: come hanno fatto i ricercatori a capire che le api conoscono lo zero? Sapevamo già che altre specie animali sanno contare e hanno il concetto di assenza: i primati, i delfini e i pappagalli sono tra queste.

Il concetto di maggiore e minore

Gli scienziati hanno dovuto organizzare un test complicato per studiare le api. Innanzitutto hanno messo dei riquadri bianchi su un muro, ciascuno con varie forme nere sulla sua superficie (da 2 a 5 forme). Dopodiché hanno premiato le api quando volavano sui riquadri con un numero più grande di forme.

Si è capito quindi che le api comprendono il concetto di «minore» e «maggiore»: di per sé è già un risultato notevole, se la differenza tra due numeri è molto piccola (mentre è più facile intuirlo quando la differenza tra due riquadri è tanta).

Il test con un riquadro vuoto

Fatto questo test iniziale, sono stati aggiunti due riquadri sconosciuti che contenevano una forma e, l’altro, nessuna forma. Le api hanno sempre scelto senza esitare i riquadri che contenevano qualcosa ed erano ancora più rapidi nella scelta quando la differenza tra zero e “qualcosa” era alta.

Proprio il fatto che la reazione diventava più rapida quando il confronto era tra il riquadro vuoto e un riquadro con molte forme, fa capire che non è soltanto una scelta tra niente e qualcosa: le api effettivamente si rendono conto che lo zero è un numero e che è il minore di tutti gli altri.

Può sembrare un concetto base da apprendere, ma come spiegato a inizio articolo l’essere umano inizia ad afferrarlo soltanto dopo i 4 anni. È facile immaginare che molti altri preconcetti che abbiamo sulla mente degli animali siano sbagliati e che, in fin dei conti, non siano così “primitivi” come tendiamo a immaginare.

Fonti principali

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Infallibile

I ricercatori dell’Università di Tokyo sono riusciti a costruire un robot capace di vincere il 100% delle volte a sasso-carta-forbici, o «morra cinese», un gioco che in giapponese viene chiamato «janken». Da qui il nome dell’automa: Janken (rock-paper-scissors), abbreviato in «Janken robot».

Per chi non lo sa, la morra cinese è un gioco molto semplice in cui due avversari presentano in contemporanea un gesto con la mano che sta a indicare uno tra i tre simboli permessi: sasso, carta o forbici. Il sasso batte le forbici, le forbici battono la carta e la carta batte il sasso. Se entrambi presentano lo stesso gesto, il tiro a sorte si ripete (per dettagli vedete il link nelle fonti).

Se il gioco è semplice, prevedere il risultato non lo è altrettanto. Tra esseri umani che non si conoscono le probabilità di vittoria sono il 50% per la prima tirata a sorte, mentre chi conosce l’avversario potrebbe aumentare le sue probabilità a favore sfruttando le debolezze dell’altro. Ma Janken robot non sbaglia un colpo e ottiene sempre una vittoria.

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A lingua sciolta

Dovete parlare in una lingua straniera che conoscete poco o approcciarvi con un madrelingua? Provate prima a buttare giù un bicchiere di vino.

La leggenda secondo cui si parlerebbe meglio una lingua straniera dopo aver assunto dell’alcol sembra trovare fondamento in almeno due ricerche, una pubblicata sul sito della NCBI che ha valutato gli effetti dell’alcol sulla linguistica e una pubblicata sul Journal of Psychopharmacology dove viene presentato un esperimento sul campo.

I test sul campo

Il primo test è avvenuto su alcuni individui ungheresi, incaricati di ripetere uno scioglilingua in una lingua straniera. Coloro che avevano assunto delle piccole quantità di alcol hanno avuto difficoltà nel ripetere lo scioglilingua nella propria lingua nativa, mentre se la sono cavata molto bene nel ripeterlo nella lingua straniera.

Il secondo test ha coinvolto invece degli studenti tedeschi, che hanno frequentato un corso di olandese e che si sono dovuti interfacciare con un madrelingua olandese. Chi aveva assunto una piccola dose di bevanda alcolica ha dimostrato un risultato migliore di chi, al contrario, aveva trangugiato una bevanda analcolica.

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Tecnologia da fantascienza

Avete presente quei film di fantascienza dove gli uomini del futuro riescono a sollevare gli oggetti grazie al suono? Gli ingegneri dell’Università di Bristol hanno fondato le basi per trasformare l’immaginazione in realtà.

Per la prima volta, gli scienziati sono riusciti a creare un «raggio traente acustico», capace di tenere sospeso degli oggetti che hanno una dimensione maggiore della lunghezza d’onda del suono usata.

Un enorme passo avanti, visto che fino a oggi si pensava che i raggi traenti acustici potessero permettere la sospensione soltanto di oggetti più piccoli della lunghezza d’onda usata: gli esperimenti per sollevare oggetti più grandi erano falliti e avevano portato l’obiettivo a ruotare su se stesso senza controllo.

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Starlink

Dopo il recente lancio del Falcon Heavy, Elon Musk si addentra in un nuovo progetto “eccentrico”: vuole mettere a disposizione per tutti 1 Gigabit di banda internet. Per farlo ha intenzione di lanciare 12 mila satelliti, per un costo stimato di 10 miliardi di dollari, sfruttando il razzo Falcon 9 della SpaceX.

Il lancio dei primi due satelliti di test è avvenuto con successo ieri (22 febbraio 2018), dopo aver ottenuto l’autorizzazione la scorsa settimana da parte della FCC («Federal Communications Commission»). A loro è stato affiancato il satellite Paz, che avrò il compito nei prossimi 5 anni di catturare un’immagine accurata della Terra.

L’idea di questa rete di satelliti chiamata Starlink era nata nella mente di Musk già nel 2015, quando aveva affermato di voler «ricostruire Internet nello spazio», e secondo i calcoli potrebbe concretizzarsi del tutto entro il 2024 (con un po’ di cautela da parte dello stesso Musk).

Se il progetto andrà in porto, oltre a migliorare le vite di noi italiani costretti ancora a bande limitate, potrebbe diffondere internet anche nelle zone più isolate dove adesso non arriva.

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Uno spettacolo pericoloso

Il vulcano Sinabung, a Sumatra (Indonesia), ha avuto un periodo di riposo di 400 anni prima di riprendere la sua attività e dal 18 novembre 2013 non ha più smesso. Nel 2014 un suo picco ha provocato 16 morti e nel 2016 altre 7 vittime.

L’eruzione del 19 febbraio 2018 è stata particolarmente violenta e ha proiettato una nuvola di fuma alta 5 km. Teniamo presente che il Sinabung è solo uno dei 129 vulcani attivi in Indonesia, che fanno parte di una “cintura di fuoco” del Pacifico piuttosto insidiosa.

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