Arya Stark - Throne of sword

I personaggi femminili più convincenti sono realistici. Difetti fisici che ne limitano la perfezione, errori umani e capacità non complete li portano a evolvere senza far storcere il naso alle lettrici [1]

Sul blog di Impishidea è apparso, ancora nell’aprile 2012, un interessante articolo nel quale l’autrice prendeva in esame i maggiori luoghi comuni legati alla costruzione di un personaggio femminile in un racconto.
L’esame è preso in chiave ironica, ma i punti mettono in risalto (e criticano) gli stereotipi che spesso accompagnano una donna o una ragazza, che sia protagonista o antagonista, e indipendentemente se l’autore sia di sesso maschile o femminile.

Rendersi conto di come un personaggio donna non dovrebbe essere scritto aiuta, di conseguenza, a capire come dovrebbe essere scritto.
A partire da quell’articolo, con una ricerca più ampia si possono delineare alcuni punti fondamentali da seguire ed errori da evitare.

I consigli che seguono sono adatti per diversi tipi di narrazione – e in alcuni casi si adattano anche al personaggio maschile. Non fanno testo particolari generi come il fiabesco o l’erotico.

I consigli e gli errori da evitare nell’interpretare un personaggio femminile

1. Il primo aspetto da sottolineare è che il personaggio è spesso estremizzato nell’aspetto e nel carattere – più spesso di quanto non accada se fosse di sesso maschile. Se la donna è di buon carattere in genere sarà molto bella e graziosa, mentre se ha un carattere più acceso e focoso sarà inevitabilmente sexy. Molto spesso è una figura minuta e bisognosa di protezione, oppure all’apposto una donna con un carattere determinato e indipendente, capace di arrangiarsi da sola in ogni situazione. Inutile dire che le vie di mezzo sono preferibili.

2. Il fatto che stiamo parlando di una donna non significa che tutti i suoi tratti fisici debbano essere “femminili” nel vero senso della parola. Si tende spesso a rendere l’aspetto di una donna “perfetto”, ma le proporzioni perfette sono un segno di costruzione artificiale, poco naturale. Sono i difetti a dare più realismo.

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Pila di libri e racconti

La legge Levi del 2011 limita gli sconti applicabili sui libri. Lo scopo è di aiutare le piccole editorie: ma non tutti sono d’accordo [1]

Uno dei sistemi principali per promuovere un prodotto – oltre naturalmente al marketing vero e proprio – è offrirlo ai clienti a prezzi scontati. Si tratta di un mezzo senz’altro efficacie dal punto di vista psicologico: vedendo lo sconto, il cliente è più portato ad acquistare persino prodotti che, normalmente, avrebbe evitato.

I libri non fanno eccezioni, come è ben saputo. Ma forse non tutti sono consapevoli che lo sconto del libro è limitato dalla legge. Per la precisione, la Legge Levi (Legge n. 128 del 27 luglio 2011 firmata da Ricardo Franco Levi) lo limita a un massimo del 15% sul prezzo di copertina.

Il limite imposto ha portato a diverse polemiche: per alcuni lo sconto è sin troppo elevato, per altri limita il mercato.
Per altri ancora, è equo: limita i margini di guadagno, che sono però simili per tutti i venditori, e inoltre permette di diffondere anche libri di nuovi autori (che altrimenti sarebbero poco presi in considerazione per motivi economici).
Vediamole nel dettaglio.

Le critiche: sconto troppo elevato ed eccezione ingiustificata

Lo scopo della legge era quello di tutelare i piccoli editori e i piccoli venditori di libri. Se non vi fosse un limite allo sconto, infatti, i grandi editori potrebbero spingere su scontistiche alte, perché tanto ne guadagnerebbero sul grande numero di vendite; i piccoli editori (che vendono un numero ridotto di copie) si ritroverebbero così ad offrire libri a prezzi più alti e rischierebbero di perdere la loro clientela.

Il buon senso, quindi, sarebbe a favore di un limite nello sconto dei libri. Secondo varie opinioni, però, il limite del 15% è ancora troppo elevato per poter garantire ai piccoli editori di restare competitivi. Andrebbe abbassato ulteriormente.

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Se dalla vostra libreria prendete un libro edito da una casa editrice e lo rivoltate, troverete un codice a barre, circondato sopra e sotto da una serie di numeri, spesso separati da trattini: quello che vedete è l’ISBN.

ISBN è l’acronimo per International Standard Book Number («numero standard internazionale del libro») e rappresenta un identificativo univoco del libro a livello internazionale; il che significa che non troverete mai due libri con lo stesso ISBN.

Esiste inoltre un secondo tipo di codice, l’ISBN-A, che va ad affiancarsi al normale ISBN. Si tratta di un’aggiunta esclusivamente per il web. Il suo scopo è di fornire servizi aggiuntivi legati al libro.

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I generi narrativi e i sottogeneri

Scritto il 19 Dicembre 2013

Donna legge un libro

Non è sempre facile distinguere un genere narrativo dall’altro. Alcuni generi si intrecciano tra loro ed è difficile distinguerne i limiti [1]

Genere:
Ciascuna delle categorie, più o meno codificate, in cui vengono tradizionalmente suddivise le forme espressive letterarie, caratterizzate da una correlazione organica tra determinati temi e specifiche scelte linguistiche e formali.

Grande Dizionario Hoepli

Nel nostro caso specifico, parlando di genere narrativo, intendiamo le categorie e le sottocategorie di narrativa che hanno tecniche, stili, forme e contenuti simili.

La prima grande distinzione che possiamo fare è nella tipologia di «realismo»:
finction: comprende opere di lavoro immaginario, che hanno risvolti non reali;
nonfinction: include in pratica tutto quanto è realmente accaduto – quindi biografie, romanzi storici fedeli, fatti reali.

La seconda distinzione riguarda la lunghezza del libro. Questa definizione è importante soprattutto durante i concorsi, dove si stabilisce esplicitamente il numero massimo di parole (o, meglio, cartelle) permesso.
Non esiste una convenzione esatta, ma all’incirca potremmo suddividere le opere in:
flash finction (narrativa lampo): tra le 100 e le 2.000 parole
short story (racconto breve): tra le 2.000 e le 7.500 parole
novelette (racconto): tra le 7.500 e le 15.000 parole
novella: tra le 15.000 e le 40.000-60.000 parole
novel (romanzo): tra le 40.000-60.000 e le 100.000-200.000 parole
epic novel (poema epico): oltre le 100.000-200.000 parole

Infine, potremmo suddividere i generi narrativi in base alla “tipologia” o “argomento”, in pratica alla distinzione classica che ci permette di stabilire (grosso modo) di cosa parla il libro e che spesso viene usata anche dalle Case Editrici nelle loro collane.
Seguendo questa distinzione troviamo un numero enorme di generi narrativi. Teniamo presente, tra l’altro, che spesso un libro incorpora più di un genere, il che a volte rende difficile collocarlo “al posto giusto”.

Qui sotto sono stati raccolti i generi narrativi per argomento. I titoli rappresentano le categorie (i generi veri e propri), mentre i sotto-generi saranno descritti al loro interno. Per stabilire dove poter collocare il proprio libro, fare riferimento innanzitutto ai generi (titoli) e quindi, in caso di dubbio, ai sotto-generi.

L’elenco è stato recuperato attraverso una ricerca cartacea e in rete, con riferimento particolare al blog WriteWorld che ha compiuto un lavoro davvero ammirevole.
Da notare che si tratta di un elenco sicuramente impreciso, probabilmente incompleto e su cui molti potranno non essere d’accordo. Se avete integrazioni, precisazioni o critiche da fare, sentitevi liberi di commentare la pagina.

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