La battaglia delle Termopili – Quando una manciata di Greci fece tremare un enorme impero – 02

23 Gennaio 2012 | Storia

Sommario

La battaglia delle Termopili – Preparazione e cause

La battaglia delle Termopili – La battaglia

Introduzione

O viandante, annuncia agli Spartani che qui
noi giacciam per aver obbedito alle loro parole.

Simonide di Ceo, epigrafe alle Termopili

Nello scorso articolo abbiamo visto la fase di preparazione e le cause che portarono alla decisiva battaglia tra l’impero persiano e la Grecia unita. Inoltre, abbiamo visto una panoramica degli eserciti, delle armi e della cultura di entrambi i fronti.

Riassumendo, Serse ha spinto circa 300mila soldati del suo impero ad attaccare la Grecia, che ha messo in campo soltanto 7mila greci. I greci sono guidati dal re di Sparta Leonida, che ha scelto personalmente 300 suoi compagni: la strategia è di incontrare i persiani al passo delle Termopili e di costringerli a combattere in uno spazio angusto, dove il loro numero conta poco. Nel frattempo, Serse ha messo in atto un’altra strategia: aggirare le Termopili con una flotta di 800 navi via mare e attaccare i greci di Leonida alle spalle. Solo un contingente di circa 200 navi greche, guidate da Temistocle, li separa dalla meta.

Adesso ci concentriamo esclusivamente sulla battaglia: i fatti principali, le vittorie, le sconfitte e le conseguenze dei risultati. Il tutto in tre giorni di lotta serrata.

Il primo giorno: una sanguinosa vittoria

La prima mossa di Serse fu di chiedere la resa all’esercito di 7mila greci. Li sovrastavano in numero di 40 volte e avevano soldati provenienti da ogni angolo del suo impero. Il messaggero spiegò così la differenza di forze in campo: «Le nostre frecce oscureranno il Sole». Erodoto ci dice che la risposta non arrivò da Leonida, ma dal suo fidato luogotenente Dienece, che disse: «Bene, vuol dire che combatteremo all’ombra».

Fu così che iniziò la battaglia. Il primo colpo fu dato dagli arcieri persiani, che in effetti dovevano aver nascosto la luce del Sole con le loro quasi 5mila frecce. Le armature e gli scudi, però, protessero gli spartani, causando pochissimi danni. Fu la volta dei 10mila fanti persiani, che entrano in mischia.

Gli spartani erano l’elité della guerra. Quando la massa arrivò a impattare, si ripararono con gli scudi, che proprio per come erano fatti permetteva loro una grande manovra. Spinti indietro gli invasori, usarono gli spiragli tra gli scudi per colpire con le lance da sotto e da sopra. Già al primo assalto caddero migliaia di persiani. Serse non poté avvalersi della cavalleria, perché nelle Termopili non aveva lo spazio per caricare. Risultato: dopo il primo giorno, Serse perse quasi 10mila fanti. I greci si prodigarono per uccidere i feriti rimasti sul campo.

La battaglia via mare

Intanto, in mare si fronteggiano la flotta persiana e quella greca. 200 navi persiani vanno a sud con l’idea di aggirare l’isola di Eubea e prendere la flotta greca alle spalle. Ma Temistocle è un visionario: contro ogni pronostico, attacca le 800 navi persiane rimaste con le sue misere 200 navi. E ha successo.

Come ha potuto una flotta sei volte inferiore sconfiggere le navi persiane? Temistocle era un grande stratega. Attaccò nel tardo pomeriggio per ritirarsi nel buio in caso in cui lo scontro fosse degenerato. Inoltre, il suo intento era di speronare il nemico con i rostri e non un attacco diretto. Questo però non spiega il grande successo.

Gli storici di dibattono ancora su come andò la battaglia navale. A ogni modo, alla fine Temistocle rese inservibili numerose navi e ne catturò 30.

Il secondo giorno: i persiani si demoralizzano

La fortuna non è proprio dalla parte di Serse. Nella notte che seguì il primo giorno, scoppia un temporale e porta sulla spiaggia i relitti delle 200 navi persiane che erano scese verso l’isola di Eubea. Si mormora da entrambe le parti che gli déi sono al fianco dei greci: i greci esultano, i persiani faticano a dormire sonni tranquilli.

Serse capisce di doverci andare pesante e invia la parte migliore del suo esercito: gli Immortali, la sua guardia pesonale. Si tratta di fanteria pesante, di uomini coperti interamente dall’armatura e da un copricapo in feltro semi trasparente. Devono il loro nome dal fatto che il loro numero non scende mai sotto i 10mila uomini: alla morte o al congedo di uno, infatti, questo viene prontamente sostituito.

Però anche questi fanti hanno armature troppo leggere e scudi di vimini, utili contro frecce e giavellotti, ma scarsamente efficaci contro le lance spartane. Gli Immortali si ammucchiano sui morti del giorno prima e i persiani sono costretti a spostare i cadaveri per poter combattere nel terzo giorno. Le morti spartane, al confronto, sono esigue.

Nel frattempo, infuria una nuova battaglia navale. La proporzione è di 5 unità persiane contro 1 greca: ma Temistocle ha di nuovo successo e respinge gli aggressori.

Potete immaginarvi i sentimenti di Serse: demoralizzato, sconcertato, arrabbiato. La battaglia sembra a lui sfavorevole contro ogni aspettativa e teme di perderla. Ma il terzo giorno, infine, arriva anche per lui un colpo di fortuna destinato a ribaltare le sorti.

Il terzo giorno: la fine delle ostilità

Il giorno seguente Serse scopre un sentiero nascosto, chiamato “sentiero dell’Anopaia”, che permette di attraversare il monte e di arrivare alle spalle dei greci. Gli storici non sanno come ne sia entrato a conoscenza, anche se presumono per il tradimento di una spia greca.

Con 10mila uomini, percorre il sentiero, lasciando il grosso delle truppe sul fronte. Leonida aveva lasciato ben mille guerrieri della regione Focide per difendere il bivio, ma questi si ritirarono prima dell’arrivo dell’esercito, per difendere il passo che portava al loro territorio. Anche se avvertiti dell’esercito in movimento, gli spartani non si ritirano e, anzi, i persiani li trovano intenti a lavarsi , a fare ginnastica e a pettinarsi.

Grande forza o errore di valutazione?

Perché rimasero sul passo nonostante fossero a conoscenza di essere presto circondati e che la loro fine era inevitabilmente vicina? Non è stato per orgoglio, né per coraggio. Leonida non era uno stupido, era uno stratega e non si gettavano a capofitto verso la morte, anche se non la temeva. La sua scelta fu determinata da due ragioni:

  • l’oracolo aveva predetto che tutta Sparta sarebbe bruciata, se un re di Lacedemone (il nome più conosciuto di Sparta a quel tempo) non fosse caduto. Tutti i greci erano fermamente religiosi e non ignoravano i presagi degli oracoli.
  • in secondo luogo, Serse aveva lasciato molti uomini al fronte: se Leonida avesse ritirato tutte le truppe, avrebbe spinto i persiani ad attaccarli immediatamente. Quindi rimase con un piccolo contingente e intanto permise a gran parte delle truppe greche di ritirarsi indisturbate.

Comunque c’è chi parla anche di un errore di valutazione, forse dovuto al fatto che Leonida credette il sentiero dell’Anopaia impossibile da percorrere con un grande esercito: è di questa opinione A. Frediani, che la spiega nel suo Le grandi battaglie dell’Antica Grecia.

Gli eroi di Tespia

Il mito esalta Leonida e i 300 spartani, che combatterono come leoni, circondati da due enormi eserciti che cercavano di schiacciarli. Ma il mito dimentica i 700 uomini della città di Tespia, che si affiancarono a loro, rifiutando di andarsene.

L’ultima battaglia tra i circa 1000 greci e l’impero persiano è oscura. Non si sa come andò effettivamente. Si può però azzardare un’ipotesi: i persiani spezzarono la falange greca. A quel punto, ogni soldato greco contò per sé. La loro feroce e lunga resistenza è davvero sconcertante. Dobbiamo però tenere presente che i greci sapevano di non avere scampo e che i persiani erano demoralizzati dalle precedenti perdite: il fattore psicologico, in campo, è essenziale. Erodoto spiega che Leonida morì a causa di una freccia e che Dienece recuperò il suo corpo, si ritirò nel punto più stretto del passo e difese il re con altri Spartani fino alla morte, che sopraggiunse a causa delle frecce.

In tre giorni, Serse aveva perso 20mila uomini, tra i quali si contano due suoi fratelli. Secondo Erodoto, alla strage sopravvissero due greci: Pantite, che si suicidò per il disonore, e Aristodemo, che tornò in patria dove fu rinnegato per la sua codardia; un anno dopo, però, Aristodemo si riscattò nella battaglia di Platea. I persiani erano prostrati. Per impedire che si demoralizzassero, fece sepellire i corpi e mise la testa di Leonida su una lancia come monito.

Le conseguenze della battaglia delle Termopili

Dopo la vittoria, Serse conquistò una città greca dopo l’altra e puntò alla capitale, Atene.

Ancora una volta, il visionario Temistocle fece la differenza. Ritirò le sue navi, ormai inutili, e fece evacuare gli ateniesi prima del loro arrivo. Quando Serse arrivò ad Atene, due mesi dopo, trovò ben pochi abitanti da uccidere, ma estinse il suo desiderio di vendetta, dando fuoco alla città e ai suoi meravigliosi templi.

Un mese dopo, la flotta di Temistocle attira le navi persiane nello Stretto di Salamina e le distrugge. Serse è costretto alla ritirata: non tornerà mai più in Grecia. In compenso furono i greci ad attaccare i persiani nel loro stesso territorio: vinsero a Platea, a Mycale e a Sesto. I persiani furono ricacciati in Asia.

Oggi a Leonida e ai suoi soldati spetta un posto d’onore alle Termopili: una statua che raffigura un oplite. Sotto a questa si leggono le parole che, secondo Erodoto, Leonida pronunciò quando Serse chiese a loro di consegnare le armi dopo aver percorso il sentiero dell’Anopaia: «Venite a prenderverle!».

Le conseguenze della battaglia

Miti a parte, se Leonida e Temistocle avessero fallito nei loro propositi, probabilmente la democrazia così come la conosciamo oggi non esisterebbe. Il nostro retaggio politico, infatti, deriva in buona parte da quello greco. Qualche tempo dopo la cacciata dei persiani, Filippo il Macedone unifica le innumerevoli città stato della Grecia in un’unica nazione. Suo figlio è il famoso Alessandro Magno, che distruggerà definitivamente l’impero persiano ed esporterà la cultura greca verso tutti i popoli vinti.

La battaglia delle Termopili non è solo un esempio di coraggio, di fedeltà e di desiderio di libertà. È anche un punto chiave della storia che non dovremmo dimenticare.

Fonti principali
Erodoto, «Storie». È la fonte più antica sulla battaglia delle Termopili.
Puntata di «History Channel», in cui sono intervenuti: il Dr. Richard A. Gabriel, autore di Empires at war; il Dr. David George, direttore del Dipartimento studi classici al Saint Anselm College; il Dr. Matthew Gonzalez, docente al Saint Anselm College; Steven Pressfield, autore di Gates of fire; Dr.ssa Linda Rulmna, docente di studi classici.
Wikipedia - La battaglia delle Termopili (inglese). Qui troverete anche numeri più precisi sugli uomini che composero i due eserciti.
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