Una questione di rispetto?
La specie umana possiede alcune doti che la rendono unica al mondo. Per esempio il ragionamento logico, la capacità di costruire opere maestose o l’abilità di mettere ordine nel disordine – o disordine nell’ordine, un’impresa che ci riesce meglio di qualsiasi altra creatura istintiva.
C’è una caratteristica, però, che ci fa risaltare in modo particolare: la mancanza di rispetto verso le altre specie viventi, animali o vegetali che siano. Per aumentare il nostro confort siamo disposti a sradicare miglia di foreste. Preferiamo alcune specie animali ad altre, dimenticando che non esiste granché differenza tra una vita e un’altra (trattereste un rospo in via di estinzione con la stessa cura del vostro cane o del vostro gatto?).
Ci preoccupiamo di spendere migliaia di euro per la cura di uno solo dei nostri animali domestici e non di salvaguardare le api, ormai in stato di seria minaccia, che sono il fulcro della proliferazione dei fiori e di tutto quello che ne comporta, noi compresi.
Se lo ritenete un pensiero cinico, troppo tirato o troppo diretto, è probabile che non vi siate mai informati in profondità sul rapporto tra uomo e ambiente. Abbiamo già visto i disastrosi effetti della luce artificiale o le ancora più terribili conseguenze della plastica negli oceani.
Restando nel regno animale, comunque, non dovete allontanarvi troppo da casa vostra. Vi basta alzare gli occhi al cielo e notare quanti pochi uccelli volino sopra le vostre teste. Quel cielo sgombro si può definire con una parola: avicidio. Detto in altri termini, lo sterminio dei pennuti che perdura da almeno due secoli.
Alan Weisman ha compiuto una meticolosa ricerca a riguardo e ha riportato dei dati precisi nel suo famoso libro Il mondo senza di noi.
La colomba migratrice: uno sterminio di massa
Il più famoso è il dodo, scomparso dalle isole Mauritius a causa dei coloni olandesi e portoghesi che lo cucinarono per circa un secolo. Il grassoccio volatile era troppo goffo e fiducioso per fuggire dalle bastonate. Ma potremmo citare anche l’alca impenne, estinta dai cacciatori del Nord America, o il moa-nalo (simile a un’anatra gigante), scomparso dalle Hawaii sempre per una caccia esasperata.
Il caso più orribile riguarda però la colomba migratrice americana. Si stima che nel 1700 fosse l’uccello più abbondante sulla Terra e che passasse in stormi lunghi 500 km (!), denso di miliardi di elementi. Doveva essere uno spettacolo straordinario, capace di oscurare letteralmente il cielo mentre passavano per ore. Poi arrivò l’essere umano. Il primo passo fu tagliare le foreste e quindi togliere le ghiande e le bacche che nutriva questa folta schiera mentre migrava. Il secondo passo furono le armi da fuoco, che miravano nel gruppo di passaggio e abbattevano migliaia di individui in breve tempo.
Lo sterminio iniziò nel secolo ‘800, favorito dal disbocamento e dal clima avverso. Quando i cacciatori si resero conto che il loro numero era diminuito di molto, il loro pensiero non andò alla possibile estinzione, ma alla paura che la loro fonte di guadagno scomparisse. Così la caccia si fece ancora più serrata: si sparava più in fretta prima che lo facessero gli altri. Si inventarono addirittura dei sistemi crudeli per attirare gli stormi, come accecare dei piccioni per richiamare gli altri.
In breve rimase qualche colombo migratore soltanto negli zoo. Nel 1914, l’ultimo esemplare di colomba migratrice morì senza una discendenza.