L’esperimento di Milgram: perché seguiamo gli ordini anche contro la morale?

1 Dicembre 2017 | Mente e corpo umano

Eseguire gli ordini

Fino a che punto può spingersi l’essere umano pur di eseguire gli ordini dei superiori, sfidando la propria morale?

Una risposta storica l’abbiamo avuta con i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale: la maggior parte dei soldati tedeschi odiava il loro compito, ma lo portava a termine lo stesso (tolte alcune eccezioni); gli ordini di un solo uomo hanno sancito la morte di milioni di persone. Ma senza spingersi così lontano nel tempo, basta guardarci attorno e di esempi ne troviamo a decine.

Nel 1961 Stanley Milgram, professore della prestigiosa Yale University, ha fatto una serie di esperimenti proprio per capire cosa scatti nella testa dell’uomo in quei momenti, perché combatta il buon senso pur di assecondare un ordine “deviato e malato”. I risultati fanno senz’altro riflettere.

Come si è svolto l’esperimento di Milgram

Esperimento di Milgram - schema
Schema dell’esperimento di Milgram. Il ricercatore (V) ordina al partecipante (L) di punire con le scosse la vittima (S) [01]

L’esperimento era semplice. Un complice di Milgram faceva da vittima, fingendo di essere attraversato da scariche elettriche azionate dall’esterno. A seconda della scossa passata (che poteva andare da 15 a 450 volt), la vittima simulava un dolore in crescendo. Quando il voltaggio era alto, sullo schermo appariva il segnale di pericolo.

Gli ordini prima di tutto

Milgram ha reclutato 40 uomini di diverse età, dai 20 ai 50 anni, con la scusa di partecipare a uno studio di apprendimento. La vittima (complice) è stata fatta sedere su una sedia elettrica in una stanza vicina, mentre il partecipante ha dovuto azionare la scarica. Prima di iniziare, Milgram ha assicurato i soggetti che nonostante fossero dolorose, le scariche non avrebbero causato danni permanenti.

Nell’esperimento, il ricercatore istruisce il partecipante su come aumentare pian piano il voltaggio e, a ogni aumento, la vittima si lamenta sempre più forte. Ma quando si raggiungono i 300 volt, i rumori dalla stanza della vittima cessano.
A questo punto il partecipante chiede sempre come comportarsi e il ricercatore lo incita con delle risposte che si fanno sempre più pressanti:

Per favore, continui.
L’esperimento richiede che lei vada avanti.
È assolutamente necessario che lei continui.
Non ha scelta, deve proseguire.

I risultati? L’uomo va contro la sua morale per non deludere

Seguendo la morale, ci si aspetterebbe un abbandono generale. Una disobbedienza di massa, visto che i soggetti sono consapevoli di provocare un enorme dolore alla vittima. Infatti si notano su di loro i segni del nervosismo: sudore, risate nervose, balbettii; in tre casi ci sono state delle convulsioni e in un caso si è dovuto interrompere l’esperimento.

Ma su 40 soggetti iniziali, 26 persone sono arrivate a infliggere fino a 450 volt. E questo nonostante fosse chiaro che non ci sarebbe stata nessuna punizione in caso di abbandono dall’esperimento. In pratica, più del 50% ha eseguito gli ordini contro la sua morale.

Perché obbedire è così importante, persino quando non ci sono delle conseguenze?

I motivi dell’obbedienza secondo Milgram

Milgram ha stilato una serie di punti che avrebbero spinto i partecipanti a seguire gli ordini contro la propria morale.
Se vogliamo spezzare una lancia a favore dei partecipanti, dobbiamo tenere conto che la vittima era volontaria e che si trattava (sulla carta) di una ricerca controllata e tenuta dalla prestigiosa Yale University, in cui si affermava che non c’erano rischi sulla sicurezza. Inoltre la scelta doveva avvenire subito, senza possibilità di riflettere.

Ma persino tenendo conto di queste attenuanti, quando la vittima perdeva conoscenza (somministrando i 300 volt), il buon senso avrebbe richiesto di abbandonare l’esperimento: non c’erano punizioni per la disubbidienza.
Quello che davvero ha fatto la differenza è il fatto di essersi sentiti «con le spalle al muro». Mentre chiedevano come comportarsi, Milgram li aveva incitati a continuare perché «non avevano altra scelta che andare avanti».

Riassumendo: quando siamo in una situazione che sembra troppo complessa da gestire, si è portati a non decidere in autonomia, a mettere da parte la ragione. Preferiamo lasciar decidere agli altri e poco importa quali saranno le conseguenze. L’autorità è una giustificazione alle azioni, inconsciamente ci si convince che la colpa sia solo dei superiori.
Inoltre, smettere l’azione a metà strada sarebbe come rinnegare il passato, dire apertamente che le nostre azioni precedenti sono da condannare.

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