SOMMARIO

1. Salisburgo e laghi nei dintorni – parte 1: Salisburgo
2. Salisburgo e laghi nei dintorni – parte 2: Chiemsee, Mondsee, Krottensee, Wolfgangsee, St. Gilgen, Fuschlsee

Informazioni sul viaggio

Periodo di riferimento: fine giugno

Alloggio: Hotel Hofwirt a Salisburgo

Stato: Austria
Land: Salisburghese
Altitudine: 424 m s.l.m.

Clima: l’Austria ha in genere il clima tipico dell’Europa centrale, con estati calde e inverni freddi. Per Salisburgo in particolare, il freddo invernale è pungente, ma siccome è secco basta attrezzarsi per poterlo sopportare. L’estate è invece umida e le piogge sono spesso accompagnate da temporali; grazie al fohn, però, si possono avere innalzamenti di temperatura improvvisi.

Moneta: euro

Lingua principale: tedesco

Prefisso per l’Italia: 0039
Prefisso dall’Italia: 0662

Fuso orario: UTC/GMT : +1 (come l’Italia)

Come arrivare: dall’Italia prendere l’autostrada A22 e seguire la direzione per Trento/Brennero. Proseguire per la A13 fino in fondo: poco prima di Innsbruck, voltare a destra per la A12 (che diventa A93 una volta entrati in Germania).
Allo svincolo 56-Dreieck Inntal, mantenere la destra e seguire le indicazioni per A8 in direzione di Salzburg/Rosenheim: vi riporterà in Austria. A questo punto è sufficiente seguire le indicazioni per Salzburg.

Percorso generale: lago Chiemsee – Salisburgo – lago Mondsee – lago Krottensee – lago Wolfgangsee – St. Gilgen – lago Schulsee.

Introduzione

Monti ricoperti di verde ovunque si volge lo sguardo. Strade perfette, quasi senza buche, e pulite in ogni angolo. Un’architettura finemente modellata, tenuta per legge secondo lo stile barocco, e dai muri perennemente ripuliti: non troverete le scritte politiche o i disegni dei ragazzini tipiche dell’Italia, ma neanche murales ben eseguiti.

Appena uscite dalla città di Salisburgo, sarete accompagnati a destra e a sinistra da pareti rocciose ricoperte di verde e di alberi, spesso con ruscelli e torrenti che vanno ad alimentare i numeri laghi della zona.

La visita in generale

Parliamo un attimo del mio viaggio. In tutti i giorni di vacanza (ma proprio tutti) ho avuto la fortuna-sfortuna di trovare sempre pioggia. Non sembra essere un caso, perché gli abitanti del posto andavano in giro senza ombrello o con al massimo un cappuccio sulla testa, indice che sono abituati a tempi come questi. La temperatura si attestava tra i 10 e i 17 gradi, per cui ero costretto a vestire con abiti pesanti.
È questione di gusti, ma dal mio punto di vista la pioggia non è stata un problema: basta un ombrello e delle scarpe adatte per non bagnarsi. E Salisburgo sotto la pioggia è davvero meravigliosa, perché permette di immortalare il posto con delle fotografiche uniche.

Se siete in viaggio soltanto per visitare Salisburgo, sappiate che vi basteranno un paio di giorni per vedere i monumenti principali. Anzi, tralasciando alcuni luoghi che fanno passare per caratteristici ma che in realtà sono puramente specchietti per le allodole, si può benissimo concludere la visita in un giorno e mezzo. Questo, naturalmente, senza contare le soste ai ristoranti o alle pasticcerie (in cui dovete obbligatoriamente fermarvi).

E nel resto del tempo? L’Austria ha molto da offrirvi e a distanza di mezz’ora o un’ora al massimo dalla città vi ritrovate a visitare laghetti alimentati da torrenti e circondati da alti monti. Non è raro trovare cervi scendere verso valle e persino qualche volpe (un animale molto schivo), oltre alle solite mucche e pecore al pascolo.

In questa prima parte del diario farò una panoramica di Salisburgo e dei principali luoghi e monumenti da visitare. Nella seconda parte mi occuperò, invece, dei laghi nei pressi e delle cittadine caratteristiche che ho visitato.

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Perché la paura

La paura è un’emozione naturale e, per quanto possa sembrare strano, è utile ed è stata creata per un motivo semplice: avvisare l’uomo che potrebbe essere in agguato un pericolo. Chi non ha paura di fronte a niente, probabilmente soffre di un disturbo.

Questa è la regola. Abbiamo visto, però, che in alcuni casi (sempre più di frequente con la società moderna) la paura assume l’aspetto di fobia, cioè di un terrore immotivato e innaturale verso qualcosa. E le fobie al giorno d’oggi sono molte (eccovi un elenco in continuo aggiornamento).

Pronti a sopravvivere

Ma cosa succede effettivamente al nostro corpo quando proviamo paura? Le sensazioni sono in crescendo. Si parte dalla tachicardia, dalle mani sudate e dalla salivazione ridotta, per arrivare all’impallidimento e, nei casi più gravi, allo svenimento. Le pupille degli occhi si dilatano, i capelli si rizzano in testa e i peli si alzano sulle braccia. La pressione sanguigna aumenta, il battito pure.

Avete presente quel sapore metallico che si sente durante il terrore? Si tratta della conseguenza di due ormoni prodotti in grande quantità dal corpo, il cortisolo e l’adrenalina, che danno una carica al nostro corpo. Il cortisolo, tra l’altro, è uno steroide ed è la causa principale della sensazione di paura, perché va a colpire direttamente l’ippocampo.

Con questi particolari, il corpo si prepara alla difesa. Sotto gli effetti della paura abbiamo la possibilità di muoverci e di agire ignorando alcuni limiti, donandoci una forza e una resistenza che non sapevamo di possedere; nelle situazioni più disperate, le endorfine prodotte dall’organismo possono far ignorare momentaneamente il dolore di un braccio rotto. Ci sono casi documentati di uomini capaci di spostare macigni di due quintali o di muoversi più rapidi di un’esplosione imminente.

Il corpo sovrasta la mente

È con la paura, una reazione istintiva e primordiale, che la mente perde la battaglia e il corpo ha il sopravvento. Smettiamo di ragionare in maniera lucida, perché il cortisolo blocca i pensieri complessi. Il nostro corpo, infatti, ha bisogno di tutte le energie possibili e non si preoccupa di sottrarle dal nostro cervello. Ecco quindi che assumiamo la classica espressione di difesa: palpebre che sbattono continuamente per tenerci allerta, testa e torace protesi in avanti per proteggere le parti più deboli, ginocchia piegate per prepararsi alla fuga o al combattimento, pugni serrati al punto da creare una pressione di 10 chili.

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Effetto branco

In greco la pecora ha un nome che rivela molte cose. Viene detta pròbaton, che deriva dal verbo il cui significato è “procedere”, cioè «animale che cammina in avanti». È un nome straordinario: l’animale non ha altra scelta, né altra funzione, che quella di procedere in avanti. È tutto ciò che sa fare!
E l’arguzia dei Greci non si esaurisce qui, poiché essi rendono l’animale neutro e lo chiamano «la cosa che va avanti». Questa espressione illustra l’aspetto più negativo della pecora, che segue l’ariete campo branco dovunque esso vada. Un detto comune afferma che se un lupo o un cane inseguono un ariete fino a farlo cadere in un precipizio, anche duecento o trecento pecore salteranno dietro di lui giù dal dirupo.

L’eterno fanciullo, di Marie-Louise von Franz

La citazione qui sopra continua con un anedotto realmente accaduto, in cui una decina di anni fa a Lenzerheide, sulle Alpi, un cane lupo spinse un ariete a cadere in un burrone. I pastori si ritrovarono a dover uccidere circa duecento pecore, perché avevano seguito il capo branco e si erano letteralmente tuffate nel precipizio, ammassandosi l’una sull’altra.

La pecora viene usata nel libro come analogia per descrivere il comportamento umano nel suo insieme, cioè per rappresentare quella che viene chiamata psicologia di massa. Il succo è questo: fino a quando un uomo agisce da solo è completamente indipendente e cosciente delle sue scelte. Ma se l’uomo entra in un gruppo, soprattutto se esteso, si sentirà spinto a comportarsi come un’unica entità con tutta la folla. La sua capacità di giudizio e i suoi impulsi saranno sostituiti da quelli della folla.

Tutti ne siamo soggetti, anche se in misura diversa. L’uomo è, per sua natura, un animale sociale nato per vivere in gruppo. Seguire le orme del gruppo è nella sua natura. Il libro di Marie-Louise si riferisce in modo particolare a una categoria di persone che chiama Puer Aeternus (da cui appunto il titolo “L’eterno fanciullo”), in cui il soggetto fatica a diventare adulto e mantiene quei tratti di carattere che sono tipici dei bambini.
A ogni modo, l’analogia con la pecora non è prerogativa soltanto del Puer Aeternus, ma degli uomini in generale.

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Clonazione naturale e artificiale

La clonazione, intesa come “copia” di un intero organismo vivente, è una cosa che già esiste in natura. Parliamo ovviamente di piante e di animali piuttosto semplici: organismi unicellulari e certi invertebrati come il Phylum Plathelminthes.

Di fatto, quando un organismo è clonato, diventa in tutto e per tutto identico all’originale. Se qualcuno vi clonaste, vi ritrovereste a parlare con un’immagine identica di voi. Solo le esperienze di vita e il diverso ambiente che vi circonda farebbero la differenza; ma se per assurdo viveste un’esistenza esattamente identica, senza interazioni esterne, non ci sarebbe modo di distinguere voi dalla copia, né in prima persona né tanto meno in laboratorio.

Questo “se” è importante, perché è l’ambiente a formare un individuo e anche una piccola variazione può contare (motivo per cui è normale pensare che non esisterà mai un individuo perfettamente identico a un altro). Ma il punto cruciale è: l’uomo può davvero essere clonato?

Per rispondere alla domanda, diamo un’occhiata a cosa si è già fatto nel settore della clonazione. Ci sono stati alcuni successi in mezzo a tanti insuccessi, e alcuni studi recenti lasciano immaginare che presto saremo in grado di riportare in vita specie animali estinte da milioni di anni.

La pecora Dolly, il primo vero successo

In gran parte delle specie viventi il comando «clonati» non è presente, per cui l’unico modo per clonare effettivamente un soggetto è di farlo in laboratorio, in modo artificiale, che sia una pianta o un animale. In questo caso ci serve un “pezzo” dell’originale, nello specifico un nucleo di somatocita (in pratica una sua cellula contente il DNA, che ci rende unici in tutto il mondo). Il nucleo andrà poi impiantato in un uovo della stessa specie, dove nascerà e crescerà fino all’età adulta.

Dirlo è facile, farlo è tutt’altra cosa. I primi esperimenti, infatti, furono un disastro. Nel 1952 R. Briggs e T. J. King cercano di clonare una rana leopardo, sulla base delle idee proposte dallo scienziato Hans Spemann ancora nel 1938. Il risultato furono dei girini clonati, ma che morivano prima di diventare adulti. Anche gli esperimenti dei decenni futuri si basavano su embrioni e lasciarono qualche dubbio sulla loro validità.

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Introduzione

È sufficiente anteporre una acca alla parola latina ara per trasformare un altare (ara) in un porcile (hara)
– Alcuino, insegnante di fine 700, precettore di Carlo Magno

La grammatica non è statica

La grammatica non è come la matematica: i numeri e le operazioni aritmetiche non cambieranno mai, mentre le parole sono in continua evoluzione. Se sommiamo 2+3 avremo sempre 5, per i secoli dei secoli. Nella grammatica, invece, le regole cambiano con il passare dei tempi. Le parole vengono troncate, modificate, eliminate e sostituite. Ci sono vere e proprie riforme grammaticali (anche in lingue estere, come nella recente riforma del tedesco). Alcune parole straniere entrano nei vocabolari, altre le lasciano.
Addirittura, se il “popolo” continua a usare una forma grammaticale sbagliata per lungo tempo, questa in alcuni casi diventa ufficiale.

Aggiungiamo che il linguaggio è stato creato dall’uomo per comunicare e farsi capire, non per essere “rigido e perfetto”, e alcuni di voi potrebbero pensare che chi si impunta sulle regole grammaticali (in gergo del web vengono indicati come grammar nazi) sono dei buontemponi che non hanno altro da fare durante il giorno.

Tra libri e web

Io scrivo libri per passione da anni, leggo saggi e racconti da quando ho imparato il significato dell’alfabeto e ho aperto questo blog su cui scrivo ogni settimana; eppure sono in buona parte d’accordo: il linguaggio serve per comunicare un concetto.

Ma non sempre. Se, per esempio, cercate lavoro e scrivete un curriculum indecifrabile, il datore eviterà anche soltanto di considerarvi. Chi fa per lavoro l’avvocato è ben consapevole che una virgola può cambiare completamente il significato della frase e fare la differenza tra il successo e l’insuccesso. In ambito politico, poi, non ne parliamo.

Senza entrare nelle “alte sfere”, comunque, possiamo renderci conto anche noi che leggere un commento nel forum di qualcuno che non sa usare la punteggiatura o che ancora non conosce la differenza tra il verbo essere e una preposizione è piuttosto fastidioso. Al giorno d’oggi si tende a scrivere sul web, battendo velocemente i tasti dello smartphone o della tastiera, e gli errori diventano inevitabilmente più frequenti. Ma un conto è lasciare qualche sbaglio sparso per strada (neanche immagino quanti ce ne possano essere tra i miei articoli di cui non mi sono accorto), tutt’altra storia è persistere sullo stesso errore: in quest’ultimo caso è sintomo di ignoranza e andrebbe colmata.

Ho stilato un elenco di alcuni tra gli errori grammaticali più comuni, che provvederò ad aggiornare quando mi verrà in mente qualcosa di nuovo. Non si tratta di un prontuario o di un corso per imparare la grammatica: è una lista per chi ha dei dubbi o vuole delle conferme.

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Sin dalle origini

Quando smembrarono Purusha, in quante parti lo divisero? Che cosa divenne la sua bocca? Che cosa le sue braccia? Come sono chiamate ora le cosce? E i suoi piedi?
La sua bocca diventò il bramino [sacerdote], le sue braccia si trasformarono nel kshatriya [guerriero], le sue cosce nel vaishya [contadino]; dai piedi nacque lo shudra [servo].

Se c’è una cosa che nell’India non si può toccare è il sistema delle caste. È così profondo e radicato nella cultura del popolo che né millenni di storia, né il grande movimento di uguaglianza messo in moto da Gandhi, sono riusciti a estirparlo. La gerarchia delle caste in India è rigida e netta, ed è tanto importante da decidere il destino di un uomo al momento della sua nascita.

Purusha

Per capire il sistema delle caste indiane, abbiamo prima bisogno di una premessa. Chi è Purusha? A differenza di come verrebbe da pensare a primo acchito, Purusha non è esattamente un dio: è più che altro un principio cosmico che si può tradurre come “anima” o “Sé”. Il concetto è un po’ sfuggente, ma riassumendo in breve lo si può vedere come un elemento essenziale di tutto quello che esiste: Purusha è la parte spirituale ed è strettamente legato con l’altro elemento essenziale, la materia (identificata con Prakrti).

Nella religione induista descritta dal Rgveda, una raccolta di inni religiosi, si parla di come Purusha venne diviso, dando origine a ogni cosa di visibile e invisibile: il mondo che ci circonda, gli animali, gli inni sacri, gli déi e il sistema delle caste. Purusha è «tanto vasto da coprire lo spazio e il tempo» e ha sacrificato una parte di sé per creare tutto questo.

La premessa ci fa capire un dato importante: così come le caste in India, qualsiasi cosa è sottoposta alla gerarchia – dal più piccolo granello di sabbia alla più grande delle stelle e al più potente degli déi. Ognuno ha un suo posto deciso prima ancora di nascere e da questo non può – o non dovrebbe – uscire.

Il significato di appartenere a una casta

Come funzionano le caste in India

Ogni categoria ha un proprio colore (in sanscrito var’a), che secondo alcuni studi sarebbero derivati dal colore della pelle degli antichi popoli della valle dell’Indo: gli indoeuropei, invasori e nuovi padroni del luogo, erano di carnagione chiara, mentre gli indigeni presenti avevano la pelle scura. La classica storia di conquista, dove un popolo straniero arriva, si insedia e rende schiavi i presenti, creando per loro una “società” diversa per preservare il proprio sangue.

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Nessuna allergia

Sfatiamo un luogo comune: i piumini dei pioppi (i “batuffoli bianchi”, che tecnicamente prendono il nome di pappi) non sono la causa dell’allergia che, ogni anno a primavera, infesta i nasi di milioni di persone. I colpevoli sono, al contrario, i pollini che in questo periodo vengono rilasciati in grande quantità, soprattutto attraverso la grande fioritura delle graminacee.

I pappi altro non sono che il frutto del pioppo e il loro scopo è, naturalmente, di trasportare i semi dell’albero il più lontano possibile sfruttando la forza del vento, così da favorire lo sviluppo della pianta su larga scala. Un sistema ingegnoso, visto che non ha necessità di essere impollinato dagli insetti.

Dopotutto, non c’è ragione per cui i pappi debbano portare allergia: sono composti da cellulosa (la stessa sostanza che compone il cotone), che è completamente anallergica.

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Da dove arriva internet?

Sarebbe realisticamente possibile impedire l’accesso a internet al mondo intero?

La domanda mi è ronzata spesso per la testa. L’utente in genere è abituato a pensare a internet come a qualcosa di fumoso, sparso nell’aria e quindi intoccabile. Ma non è così. L’Italia, così come qualsiasi altro Paese, ha l’accesso a internet grazie a una serie complessa di cavi che si occupano di propagare il segnale di partenza. Questi cavi sono sotterranei e sottomarini, per cui in genere invisibili al nostro occhio. Ma esistono, sono tangibili.

Avete sicuramente incontrato, qualche volta, problemi a connettervi a internet, magari durati per giorni interi. Forse avrete anche sentito dire che il guaio era dovuto a un «cavo spezzato o danneggiato».

Tecnicamente, gran parte delle connessioni internet casalinghe e aziendali si appoggia su cavi fisici (esistono altri sistemi di collegamento, per esempio grazie a satelliti, ma sono comunque la minoranza). A livello teorico sarebbe quindi possibile impedire l’accesso a internet a gran parte del mondo tagliando e danneggiando i cavi principali che diffondono la linea.

Neanche gli attacchi combinati bastano a fermare la rete

Attacchi informatici da film

Nell’immaginario collettivo, nutrito dai film catastrofici, la rete web può essere distrutta attraverso attacchi da parte di pirati informatici (che prendono il nome di cracker). Questo scenario non è fattibile per un concetto molto semplice: gli attacchi di questi cracker avvengono tramite il web. Se bloccano il web, gli attacchi smettono di avere efficacia e la rete può essere ripristinata. Inoltre, come abbiamo detto sopra, internet ci arriva grazie a dei cavi fisici e non è pensabile che un attacco informatico possa bloccare definitivamente la rete.

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L’ultima tra le sette antiche meraviglie

La Grande Piramide di Giza è sicuramente il più conosciuto tra gli enormi monumenti costruiti nell’antichità. Su questa enorme struttura – un miracolo architettonico – sono stati fatti innumerevoli studi, sono state avanzate miriadi di teorie e combattute battaglie tra esperti che mettevano a confronto i dati storici con le idee tipiche della pseudoarcheologia (quella branca di archeologia che la scienza rifiuta ufficialmente).

Da chi fu eretta la Grande Piramide?

Attribuita a Cheope (o Khufu o Khufwey), faraone della IV dinastia collocabile tra il 2630 e il 2510 a.C., è l’unica tra le sette meraviglie del mondo antico a essere sopravvissuta alla storia. L’assegnazione della piramide a Cheope deriva da rilevazioni effettuate sui libri dello storico greco Erodoto, che vide il monumento nel V secolo a.C., e dal ritrovamento di geroglifici su alcune pietre interne alla piramide.

In realtà, uno dei dubbi verte proprio su chi sia il vero possessore della Grande Piramide: la camera funeraria è stata trovata senza iscrizioni e decorazioni, un fatto piuttosto singolare considerando la grandezza del faraone e la quantità di iscrizioni trovate sulle altre opere costruite dallo stesso Cheope; senza contare che era usanza degli antichi egizi ricoprire ogni architettura costruita con incisioni e nomi destinati a essere ricordati nei secoli.

Un furto sospetto

Inoltre, la camera funeraria era completamente spoglia. Tutte le camere funerarie dei faraoni, com’era tradizione, erano colmate di tesori e di oggetti vari (persino mobili e letti intarsiati in oro) per accompagnare il sovrano nell’oltretomba.

La domanda sorge spontanea: come hanno potuto i ladri di tombe trafugare tutti questi tesori, in una stanza che si trova a 45 metri di altezza e che è accessibile attraverso un’unica galleria otturata da pesanti blocchi di granito? Aggiungiamo che la pendenza della galleria per arrivarci è di ben 26°, il che avrebbe reso problematico il trasporto dei tesori, spesso molto pesanti.

Le risposte possono essere due soltanto: quella camera funeraria non è mai stata usata né riempita di tesori, oppure i ladri hanno usato una tecnica che dopo anni di ricerche ancora ci sfugge.

Ma le stranezze di questa piramide non finiscono qua, anzi. La parte migliore esce quando iniziamo a considerare le sue maestose misure matematiche, un vero e proprio mistero di perfezione che, a tutt’oggi, possiamo replicare soltanto facendo uso di una tecnologia avanzata. Vediamo qualcuna delle sue misure.

La perfezione scritta nella matematica

Altezza

146,6 metri era l’altezza originaria. Oggi misura 136,86 metri.

Area di base

53.074,94 m2

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Introduzione

(per sapere cosa puoi fare per aiutare la tutela dell’orso bianco, vedi in fondo all’articolo)

Il riscaldamento globale sta mietendo delle vittime, non è una novità: i giornali, gli studi scientifici, la televisione e i blog della rete insistono su una situazione che, invece di ridursi, si aggrava sempre di più. Che la colpa sia interamente dell’uomo o soltanto in parte è ancora dibattuto, ma resta il fatto che diverse specie animali sono state costrette a cambiare habitat, spostandosi in zone più adatte a loro a livello di clima.

Un’altra cosa risaputa è che il surriscaldamento sta sciogliendo i ghiacci e riducendo l’Artico a delle isole sparse nell’oceano. Non ce ne rendiamo conto, ma la perdita dei ghiacci non significa soltanto aumento del livello marino: molti animali migrano, non trovando più una temperatura adatta, e i predatori di questi finiscono per perdere la loro principale fonte di sopravvivenza.

In questo cambiamento, tra l’altro piuttosto rapido, alcune specie animali non fanno neppure in tempo ad adattarsi (o non ne hanno la possibilità). È il caso dell’orso polare (Ursus maritimus), che più di tutti ha sofferto la rovina del proprio ecosistema. Come vi sentireste se la casa in cui vivete crollasse a pezzi nel giro di pochi mesi? Oppure se foste costretti a cercarvi da mangiare a distanza di chilometri perché non trovate più di che nutrirvi vicino a voi?

I numeri di una specie in estinzione

Perché i ghiacci sono tanto importanti per gli orsi polari? La risposta è molto semplice: agli orsi serve una terra per procreare, per cacciare e per sopravvivere alle rigide temperatura invernali. Durante l’estate devono recuperare ben 2 kg di grasso di foca al giorno per sperare di sopravvivere all’inverno.
Purtroppo, è proprio durante il periodo estivo che i ghiacci vengono a mancare e che la caccia si rende quindi difficoltosa.

Rispetto al 1979 il Polo Nord ha il 40% in meno di ghiaccio a disposizione. Questo significa che da circa 7 milioni di km2 di ghiaccio, misurati nell’estate del 1979, a settembre 2012 ne sono rimasti soltanto 3,41 milioni di km2.

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