Il cavallo di Troia era in realtà una nave fenicia

9 Ottobre 2017 | Storia

In breve

Il Cavallo di Troia con cui, secondo l’Iliade di Omero, gli Achei e Ulisse avrebbero violato le mura della città fu quasi certamente una nave e non un enorme equino di legno.

L’equivoco è dovuto alla traduzione del termine scritto nel poema: Virgilio avrebbe usato il nome «equus» al posto di «Hippos», che identifica invece la nave di tipo fenicio dalla polena a forma di testa di cavallo.

Approfondimento

Francesco Tiboni, ricercatore dell’Università di Aix-en-Provence e Marsiglia, ha spiegato la sua analisi per la prima volta  nel 2016 sulla rivista Archeologia Viva e in seguito nel suo libro La presa di Troia. Un inganno venuto dal mare. L’equivoco è iniziato attorno al VII secolo a.C. quando un errore di traduzione ha distorto il significato del testo, tramandato in seguito anche dalla bocca di Virgilio. Nei secoli futuri il termine «Hippos» non è più stato associato alla nave fenicia, ormai scomparsa dalla circolazione.

A ben pensarci la scoperta appare logica. Infatti era usanza di quei tempi offrire come dono di resa una nave (invece di un improbabile cavallo di legno); ed è altrettanto ovvio immaginare che gli Achei si fossero nascosti nella pancia di una grande imbarcazione, trasportata poi dai Troiani all’interno della città, per calarsi dai portelli dello scafo che non sarebbero mai sembrati sospetti.

C’è da precisare che Omero non si è mai dilungato nei dettagli su cosa fosse realmente il Cavallo di Troia; anzi, si è limitato a definirlo «Hippos» una sola volta, lasciando poi il compito a Virgilio di interpretarlo nel suo Eneide, scritto a secoli di distanza quando la nave fenicia era ormai un ricordo lontano.

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