Introduzione
Abbiamo parlato spesso di fisica quantistica, per esempio raccontando delle realtà virtuali, di viaggi nel tempo e di particelle che muoiono prima ancora di nascere. Sono concetti nuovi che possono spaventare, ma dopotutto dobbiamo farcene una ragione: la fisica quantistica è entrata nella nostra vita e sarà sempre più presente; pensate per esempio ai computer quantistici, diventati ormai una realtà (seppure ancora come prototipi in fase di studio).
In questo articolo vedremo che il concetto di base non è poi così difficile da capire. Anzi, alla fine della lettura scoprirete che la fisica quantistica è estremamente affascinante, piena di potenziale e che racchiude un mistero ancora da scoprire.
Spiegare le basi della fisica quantistica con parole semplici è possibile. Fabrizio Coppola, nel capitolo tre del suo Il Segreto dell’Universo, lo fa in modo ammirabile, con esempi così chiari che anche un «comune mortale» poco abituato alla scienza è in grado di seguire. Rendiamoci conto, però, che una questione è spiegare cosa sia la quantistica e un’altra questione è capire perché funziona come funziona. In questo caso si tratta di un’impresa di portata enorme, visto che anche gli scienziati sono in alto mare.
Di seguito dovrò usare qualche termine tipico della meccanica quantistica, ma sarà accuratamente spiegato con degli esempi. Proprio perché sto cercando di rendere l’argomento il più semplice possibile, i più esperti troveranno alcune approssimazioni e termini non del tutto appropriati, usati più che altro per dare un’idea comprensibile al lettore.
La fisica classica e la fisica quantistica: differenze
Sappiamo che ogni cosa esistente è composta di molecole, che a loro volta sono composte di atomi e così via. Se continueremo a dividere le particelle, arriveremo a un certo punto al quanto. Il quanto è una particella così piccola che non può essere divisa (a differenza, ad esempio, dell’atomo che può essere scisso in protoni, neutroni ed elettroni). Come concetto è stato introdotto da Planck ancora nel 1900, è stato ripreso poi da Einstein ed è tutt’oggi sotto studio, a causa dei paradossi che comporta.
Paradosso. Sembra un termine fuori posto nel campo della scienza, dove tutto viene sperimentato più volte e quindi dovrebbe portare a misure precise. In realtà, le sorprese sono dietro l’angolo.
Nella fisica classica – quella che studiamo a scuola, per intenderci – possiamo sempre misurare con precisione un oggetto: la sua velocità, la sua energia, la sua posizione in un certo momento, ecc.
Immaginate un corridore: a ogni giro di campo, possiamo fermare il cronometro e sapere esattamente quanto tempo ha impiegato per compiere il percorso. Attraverso delle formule fisiche, potremmo sapere precisamente a che velocità è andato e persino in quale punto del campo si troverà tra 10 secondi se mantiene la stessa velocità.
Con la fisica quantistica tutto questo non è possibile. Quando parliamo di quanti, possiamo descrivere solo una “rosa di possibilità”. Riprendendo l’esempio del corridore, non sapremo mai qual è esattamente la sua posizione usando delle formule (cioè senza misurarlo direttamente): avremo invece a disposizione una serie di posizioni in cui potrebbe trovarsi. Il corridore ha una certa probabilità di trovarsi in una di queste posizioni.
In fisica quantistica si dice che un quanto si trova in uno spazio di Hilbert, cioè in uno «spazio di possibilità» e in uno «stato indefinito». In altre parole, c’è la probabilità che il quanto si tovi nel punto A o nel punto B, ma non avremo mai la certezza di dove si trovi finché non lo misuriamo.
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