Tutti noi viviamo in una realtà virtuale: è davvero possibile?

3 Novembre 2013 | What if

Misteri nella vita

Ci sono giorni incredibilmente perfetti o terribilmente sbagliati, dove tutti gli eventi sembrano incastrarsi in successione nel bene o nel male come se fossero spinti da una forza invisibile (chiamiamola «destino»). Ci sono momenti in cui il telefono squilla e siete certi di chi sia all’altro capo della linea prima ancora di alzare la cornetta; oppure avete quella sensazione di dejà vu di fronte a uno scenario che, ne siete convinti, avete già vissuto in un tempo che non ricordate.

Aggiungiamo le storie di spiriti che infestano le case, di presenze che avvertite ma non vedete, di capacità umane “oltre il limite”, di misteri – scientifici o meno – che sembriamo ancora essere lontani dallo svelare…

Tutto questo potrebbe essere spiegato con una semplice comprensione: stiamo vivendo in un mondo irreale. Come la prendereste se scopriste che la vostra intera esistenza, la vostra vita, non è per niente “vera“? L’idea non è soltanto una fantasia e non è per niente nuova.

I libri e i film ci aiutano

Alcune opere di fantascienza e di fantasia ce l’hanno messa sotto gli occhi sotto diverse forme: Ghost in the shell, per esempio, è un manga-anime ambientato in un mondo dove l’uomo è sempre connesso a una sorta di internet globale. Con la velocità di un pensiero è possibile recuperare informazioni ed entrare nei sistemi informatici. Il pericolo è di rimanere “chiusi” con la mente in questa rete e non distinguere più la realtà dalla virtualità.

Ma il film che senz’altro ha diffuso l’ipotesi su larga scala è Matrix. In questo caso, gli esseri umani non sono coscienti di trovarsi in una realtà virtuale. Schiavizzati dalle macchine, gli uomini e le donne sin da neonati vengono cresciuti connessi a dei cavi: il loro corpo si trova nel mondo reale, ma la loro mente è in un mondo virtuale, costruito appositamente per loro.

Parliamo in questo caso di fantascienza perché si tratta di film, di cartoni animati, di fumetti. Eppure, per quanto possa sembrare assurdo, sono scenari assolutamente plausibili e c’è chi è fermamente convinto che potrebbero non essere solo fantasticherie.

Muoversi in un mondo virtuale

Prendiamo Matrix, per esempio. Fingiamo che alcuni esseri – robot o altre creature, non ha importanza – vi abbiano presi appena nati e vi abbiano collegato con dei cavi a “una rete globale” (un’internet su larga scala, per capirci). Sin da quando siete nati, la vostra mente crede di trovarsi nel mondo reale, ma in verità sta ricevendo impulsi da una «Terra fasulla», costruita apposta per voi come si potrebbe costruire la città in un videogioco.

In un ambiente simile, non è possibile accorgersi di essere in un mondo fittizio. Quello che sentite, provate e pensate deriva da impulsi del vostro cervello. Se la vostra mente crede di camminare, voi siete certi di muovere un passo dopo l’altro; anche se non è così, anche se siete sdraiati con il corpo e collegati a dei macchinari con dei cavi. A meno che qualcuno non vi liberi, voi sarete costretti in questo mondo virtuale fino a quando la vostra mente si spegnerà per la vecchiaia o si “rovinerà” per qualche malattia.

Qua sorge una domanda: che significato diamo alla parola reale? Secondo il dizionario è reale «tutto ciò che esiste, che si può osservare tangibilmente». Una definizione senz’altro corretta, ma che dobbiamo associare alle capacità della nostra mente. È il cervello a stabilire cosa esiste e cosa si può osservare: tutto quello che il cervello non registra, per noi non esiste. Di fatto, nello scenario visto sopra il mondo virtuale sarebbe per noi reale, perché non conosceremmo altro.

L’universo non è infinito? Allora siamo in un videogioco

C’è chi si è spinto ancora oltre. Rich Terrile, direttore del Centro di Computazione Evolutiva della Nasa, ha avanzato l’idea che stiamo vivendo tutti all’interno di un videogioco. Il mondo attorno a noi è finto, ma non solo: viene creato a mano a mano che ne abbiamo bisogno. È come dire che l’America per noi non esiste fino a quando non decidiamo di andare fisicamente a visitarla. Si tratta, in pratica, di una realtà virtuale limitata.

Per quanto possa far sorridere inizialmente, Rich Terrile non si basa soltanto su un’idea astratta. In un vecchio articolo abbiamo visto che le particelle di cui siamo fatti (molecole, atomi, ecc.) possono essere scomposti in particelle sempre più piccole, fino a quando a un certo punto arriviamo a una particella che non si può scomporre in nessun modo. Esiste quindi una particella che è la base per formare tutta la materia che conosciamo. Non vi ricorda il pixel che compone la schermata di un videogioco?

Questa teoria di “indivisibilità” – tra l’altro dimostrata scientificamente in laboratorio – dimostrerebbe che l’universo non è infinito, perché esiste una base che non può essere suddivisa in altre parti più piccole. Se esiste un limite nell’«incredibilmente piccolo» potrebbe esistere un limite anche nell’«incredibilmente grande». Anche l’ambiente in un videogioco, naturalmente, non è infinito.

Leggi fisiche programmabili

Rich aggiunge come nota che l’universo in cui viviamo si base su leggi fisiche ben definite, che possiamo studiare e comprendere usando delle equazioni. Se un ipotetico programmatore cambiasse un’equazione, cambierebbero anche le leggi fisiche. Ma noi, ovviamente, non ce ne accorgeremmo. Se stabilisse, per esempio, che la gravità respinge i corpi anziché attrarli, per noi sarebbe del tutto normale e non ci faremmo caso.

Per citare Einstein: «La cosa più incomprensibile dell’universo è che esso sia comprensibile». In altre parole, l’universo è così immenso e complesso che sembra impensabile poter racchiudere il suo funzionamento in semplici equazioni; eppure è quello che stiamo (lentamente) facendo. E cosa dire della meccanica quantistica, che permette alle particelle di assumere uno stato definito soltanto se le si «osserva»? [si tratta di un concetto un po’ complesso per chi non ne ha mai sentito parlare; una base semplice la si può avere leggendo del paradosso di Schrödinger]

Vivere in un videogioco

È davvero plausibile l’idea di vivere in un videogioco capace di creare un intero universo a seconda dell’esigenza? Pensate ai videogiochi di oggi, al mondo che riescono a ospitare; immaginate adesso come potrebbero essere tra 10, 20 o 50 anni. Se unissimo abbastanza memoria virtuale, simili universi sarebbero fattibili. Ogni essere umano sarebbe un’intelligenza artificiale (ecco perché pensiamo e compiamo scelte), in un mondo che può essere considerato un’intelligenza artificiale più potente di noi. Se avete giocato a qualche capitolo di The Sims potete capire cosa intendo.

E un giorno, quando e se anche noi riusciremo a creare un robot che pensa da solo, avremo dato vita a un’intelligenza artificiale che è il frutto di un’altra intelligenza artificiale (noi) creata da qualcun altro.

Punti di vista filosofici

Se davvero abitassimo in un mondo virtuale, dovremmo aprire diverse parentesi filosofiche:

– possiamo essere considerati “esseri umani” nel senso stretto della parola o dobbiamo essere visti soltanto come “pensieri” che non interagiscono mai veramente con la realtà?

– possiamo parlare ancora di libero arbitrio o siamo in balia di un destino mosso da altri?

– quante cose che pensiamo di aver fatto o non fatto perdono improvvisamente di importanza?

– come dovremmo rapportarci con la religione? Tutto quello che pensiamo di fare o non fare, in realtà si traduce appunto in un mero “pensiero”: non esistono azioni buone o malvagie, perché di fatto non esistono azioni. E se Dio è in realtà un programmatore, ha senso “venerarlo”?

– soprattutto, ha senso chiederci se siamo in un mondo virtuale, visto che non possiamo accorgercene?

Una cosa è certa: essere parte di un videogioco spiegherebbe il comportamento irrazionale dell’uomo, come il fatto di continuare a muovere guerra nonostante si renda conto della distruzione che porta. Noi lo chiamiamo «istinto atavico», ma se fosse semplicemente una legge di programmazione che non riusciremo mai a infrangere?

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