Sommario

1. Come la luce artificiale sta danneggiando il mondo – L’impatto sull’uomo
2. Come la luce artificiale sta danneggiando il mondo – L’impatto su animali e piante

Introduzione

Nella prima parte dell’articolo abbiamo approfondito la questione di come la luce artificiale influenza i ritmi fisici e mentali dell’essere umano.

In questa seconda e ultima parte analizzeremo gli effetti sull’ambiente, sugli animali e sulle piante – che vanno poi a ripercuotersi anche sulle città. Immersi nella solita routine, circondati sempre dalla luce artificiale, non ci rendiamo conto di quanto possa essere dannosa alle specie che basano il loro ciclo vitale sui movimenti del Sole. Specie di qualsiasi tipo: uccelli, rettili, anfibi, insetti, mammiferi.

L’estinzione delle tartarughe di mare

Ne avevamo parlato tempo fa: le tartarughe marine sono a rischio di estinzione. Oltre a vari fattori più o meno naturali, la causa va ricondotta alla luce artificiale delle città: le tartarughe ne sono attratte, perché la scambiano per il chiarore della Luna, e invece di dirigersi verso il mare si spostano nella direzione opposta, diventando vittime di automobili e di predatori che altrimenti non incontrerebbero.

Il turismo incrementa il problema, perché gli hotel e i ristoranti nei pressi delle spiagge fungono “da faro” irresistibile per i nuovi nati. E se volete qualche numero, c’è da rabbrividire: migliaia di nuovi nati muoiono in Florida ogni anno.

Tra parentesi, nel link sopra troverete alcune informazioni su cosa fare per aiutare il WWF a preservarle.

La migrazione a ostacoli degli uccelli

Tra le specie più colpite dalla luce artificiale troviamo gli uccelli, molti dei quali vivono di notte ed emigrano seguendo il ritmo dell’alba e del tramonto. Senza un punto di riferimento ciclico e preciso – il Sole, la Luna, il cielo stellato – gli uccelli fanno spesso riferimento ai bagliori delle città e pensano di dirigersi nella giusta direzione, deviando completamente la loro linea di migrazione.

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Sommario

1. Come la luce artificiale sta danneggiando il mondo – L’impatto sull’uomo
2. Come la luce artificiale sta danneggiando il mondo – L’impatto su animali e piante

Introduzione

Della luce non si può fare a meno. Sin dal momento in cui l’uomo ha scoperto il fuoco, il suo bisogno di allontanare le tenebre e la paura di cosa si nasconda nel buio lo ha portato a espandere sempre più la luminosità. Anche troppo.

La quantità di luce che si sparge dalle città, soprattutto metropoli, è ormai fuori controllo e va oltre le normali esigenze dell’uomo. Tanto per fare un esempio, secondo un rapporto del 2001 metà degli europei e due terzi degli statunitensi non riesce a vedere la nostra Galassia a occhio nudo. Il risultato è una serie di danni – all’ambiente e a noi stessi – di cui non ci rendiamo conto. La nostra salute è messa a rischio e gli animali ne sono scombussolati. Non per niente si parla spesso di «inquinamento luminoso».

Un autore su Listverse ha riportato un elenco di 10 aspetti del nostro pianeta che la luce sta irreversibilmente danneggiando. Da questa fonte (che trovate a fondo pagina) sono risalito oltre e mi sono addentrato in profondità, arrivando a scoprire studi e notizie poco rassicuranti.

Visto che un articolo unico sarebbe stato piuttosto lungo, ho preferito suddividere l’argomento in due parti. Nella prima parte ci occuperemo dell’impatto che la luce artificiale ha sull’uomo, sul suo fisico e sulla sua mente. Nella seconda parte vedremo, invece, gli effetti su piante, animali e ambiente in generale.

Per chi volesse approfondire, a fondo pagina trovate tutte le fonti originali che sono state usate per la ricerca.

Troppa luce rende la nostra mente confusa

In un esperimento del 2011 i topi sono stati sottoposti a un’alterazione del loro normale ciclo di giorno e notte. Il risultato era una mente confusa nei soggetti affetti. Sottoposti a cicli di luce lunghi 20 ore, riscontravano alterazioni del centro emozionale, faticavano a orientarsi nello spazio e avevano paura dei nuovi ambienti. Anche il loro fisico era compromesso: ingrassavano e avevano uno sviluppo anomalo di insulina e leptina, due ormoni usati nel normale metabolismo.

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L’accelerazione di gravità

Con la diffusione degli aerei come mezzi di trasporto e, soprattutto, come armi militari, l’uomo si è dovuto scontrare con una nuova sensazione: un’accelerazione mai provata prima.

Tipicamente, l’accelerazione si misura in m/s2 (metri al secondo quadrato), ma in alcuni casi viene espressa in “g”, ovvero in rapporto all’accelerazione di gravità. In numeri, “1g” vale circa 9,81 m/s2 , che è appunto l’accelerazione che un corpo subisce normalmente sulla Terra per effetto della gravità.

Il problema degli aerei si è presentato sin dall’inizio, perché a causa dell’improvvisa variazione di velocità i piloti subivano di conseguenza una forte accelerazione. Quando l’accelerazione diventava eccessiva, si arrivava al punto in cui i piloti perdevano conoscenza.

Effetti dell’accelerazione sul corpo umano

Fino a quale accelerazione si può spingere un corpo prima di perdere conoscenza? Una persona in genere riesce a sopportare un’accelerazione positiva di 5g (cioè 5 volte l’accelerazione di gravità) senza riportare danni, se ci si è sottoposti per pochi secondi; ma i piloti che indossano le speciali tute anti-g riescono a sopportare un’accelerazione addirittura di 10g, senza contare che vengono temprati con un addestramento mirato.

Quando si è sottoposti a un’accelerazione di gravità insolita, il sangue affluisce dalla testa ai piedi. Proprio perché il cuore non riesce a pompare sangue a sufficienza al cervello, un’esposizione prolungata a un’accelerazione di 5g porta presto alla perdita di conoscenza.

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La corsa alla Luna

Mettere piede sulla Luna, per l’uomo, non è mai stato semplice. Gli errori sono stati molti e i costi proibitivi lasciano pensare che in futuro non si tenteranno altre missioni umane sul nostro satellite.

In ogni caso, quel 20 luglio 1969 in cui Neil Alden Armstrong creò la prima orma di tutti i tempi sulla nostra Luna ha lasciato il mondo a bocca aperta, perché in effetti si trattò di un fatto straordinario, unico, che sussurrava una frase: «L’uomo ha superato i confini della Terra e ha iniziato una nuova fase di conquista».

In realtà, rispetto al ’69 siamo ancora piuttosto fermi per quanto riguarda le conquiste di pianeti e satelliti, ma già si sta puntando l’occhio sul vicino pianeta Marte, sul quale proprio adesso il rover Curiosity sta facendo la sua esplorazione.

Erano i tempi della corsa allo spazio e tra Unione Sovietica e Stati Uniti non si risparmiavano i colpi. Già diversi anni prima, il presidente degli Stati Uniti pronunciò un discorso alla cattedra della Rice University.
Se siete troppo giovani per averlo visto in diretta o se ve lo siete persi, riproponiamo qua sotto il video del 12 settembre 1962 che immortala la storica arringa di John Fitzgerald Kennedy, in cui prometteva che entro il decennio sarebbe riuscito a spedire il primo uomo sulla Luna.

Così fu, anche se J. F. Kennedy non poté assistervi, visto che fu assassinato qualche anno prima.

Il video è in inglese, ma subito sotto trovate la traduzione in italiano, recuperata dal sito della JFK Presidential Library and Museum.

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Sommario

1. Gli animali hanno una coscienza: la scienza lo conferma con una dichiarazione scritta
2. Gli animali hanno una coscienza: cosa significa?

Definizione di coscienza

Coscienza
Dal latino conscientia, derivato di conscire, “essere consapevole” (composto di cum, “con”, e scire, “sapere, conoscere”), il termine indica in generale la consapevolezza che il soggetto ha di sé e dei propri contenuti mentali, del complesso delle proprie attività interiori e degli oggetti cui queste attività si rivolgono.
[…]
Si tratta di un sapere che accompagna la nostra esperienza quotidiana, e grazie al quale siamo in grado di discernere il senso e il valore di azioni o di condotte, proprie e altrui.

Fonte: Treccani

Nella prima parte ho presentato i risultati della conferenza di Cambridge, dove un gruppo di scienziati specializzato è arrivato alla conclusione che gli animali devono essere dotati di una coscienza simile a quella dell’uomo.

L’evoluzione, naturalmente, ha dato all’essere umano una presa di coscienza più spiccata: ma i risultati della conferenza ci dicono che una coscienza paritaria potrebbe presentarsi anche negli animali qualora fossero posti nelle stesse sue condizioni evolutive. Ovvero, la coscienza di “tipo umano” potrebbe essere latente nell’animale, in attesa di essere sviluppata.

Il punto è che l’animale è dotato di coscienza. Cosa significa e quali possono essere le conseguenze di questa affermazione?

Le conseguenze di una coscienza animale

Questo secondo punto non è stato valutato dalla conferenza, ma ne è una naturale prosecuzione.

La domanda principale è: cosa cambia se agli animali è attribuita la coscienza? Avere una coscienza significa essere vivi e consapevoli di sé, significa distinguere il giusto dallo sbagliato (che sono poi condizioni in parte soggettive). Significa possedere quindi diritti e dovere.

Attribuendo una coscienza agli animali, gli attribuiamo anche diritti simili all’uomo: li poniamo, in pratica, a un livello molto simile a quello dell’essere umano. Con tutto quello che comporta: il diritto alla libertà, il diritto all’autoconservazione, il diritto a non essere minacciato, ecc. Dal punto di vista pratico, se ne prendiamo atto, è un balzo enorme e assolutamente nuovo, perché a eccezione di casi rari mai nella storia l’uomo ha considerato l’animale con un essere vivente da rispettare al suo pari.

In definitiva, se ogni essere umano è unico e particolare, allora lo è anche ogni animale (sul perché l’uomo sia unico ne abbiamo già discusso in un altro articolo).

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Sommario

1. Gli animali hanno una coscienza: la scienza lo conferma con una dichiarazione scritta
2. Gli animali hanno una coscienza: cosa significa?

Introduzione

Se vi dicessi che gli animali hanno una coscienza paragonabile a quella dell’uomo, quale sarebbe il vostro pensiero?

Ognuno di voi avrà avuto la sua reazione leggendo la domanda, ma suppongo che in gran parte dei casi siano stati due i pensieri principali che vi sono comparsi nella mente:
1. Si tratta di un’affermazione fatta alla leggera, personale e senza alcuna prova decisiva o scientifica.
2. Se anche fosse vero, le conseguenze sarebbero minime: gli animali vanno rispettati in quanto esseri viventi, ma l’uomo ha comunque una coscienza di livello superiore e ha quindi il diritto di essere posto in primo piano.

Vale la pena scendere nei dettagli visto che nonostante l’importanza del tema e nonostante siano trascorsi ormai due anni da quando si sono avute delle risposte, la notizia è passata in sordina come se niente fosse.

Analizziamo i due punti separatamente. In questo articolo vediamo il primo punto, che già di suo dovrebbe permettervi di trarre delle conclusioni. Nella seconda parte proveremo a ricavare le conseguenze che derivano dal riconoscere una coscienza negli esseri animali.

Le forme di vita animali hanno la coscienza: parola di scienziati

Se mi seguite da qualche tempo e avete già letto alcuni articoli su One Mind, saprete che le mie affermazioni non sono campate in aria, ma create sulla base di una logica o di fonti scientifiche – anche se a volte difficili da confermare.

In questo caso, la nostra fonte è una dichiarazione scritta su carta il 7 luglio 2012, in seguito a una conferenza che si è tenuta a Cambridge, in Inghilterra. La versione originale, in inglese, la potete leggere e scaricare dal sito ufficiale del Francis Crick Memorial Conference (vedi le fonti a fondo articolo).

Il titolo della conferenza è esplicativo: «Coscienza negli animali umani e non-umani». Lo scopo era di valutare il tema della “coscienza” di cui ancora conosciamo poco. Per farlo, si parlava della coscienza umana ma anche e soprattutto di quella animale. Sappiamo bene, infatti, che diverse specie animali sono capaci di auto-riconoscersi allo specchio. La conferenza è andata oltre, stabilendo che gli animali sono dotati di una vera e propria coscienza simile a quella dell’uomo.

La dichiarazione

Sulla dichiarazione si legge:

Gli studi hanno mostrato che un circuito cerebrale simile tra gli animali non-umani […] può essere agevolato od ostacolato per osservare se, effettivamente, è legato all’esperienza e alla percezione della coscienza.

[…] Eccitazioni artificiali della stessa regione del cervello generano una corrispondenza di comportamento e di sensazioni sia tra gli umani che tra gli animali.
[…] Inoltre, circuiti neurali legati all’attenzione, al sonno e alla presa di decisione sembrano essere nati in campo evolutivo al tempo della diffusione degli invertebrati, essendo evidente negli insetti e nei molluschi cefalopodi (come i polpi).

Le stesse conclusioni sono state riportate per uccelli (in particolare il pappagallo grigio africano) e mammiferi di vario tipo, dagli elefanti, ai delfini e alle scimmie.

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Apertura alare

Provate a immaginare un uccello con l’apertura alare di 3 metri e le folate di vento che produce a ogni battito di ali. Cercate di indovinare a quanta ombra può gettare un simile animale mentre si libra in volo sopra di voi.

Lo trovate stupefacente? Ottimo, perché con un po’ di fortuna avrete la possibilità di incontrarlo. Stiamo parlando dell’albatro reale del nord (chiamato Diomedea sanfordi nella zoologia), il più grande uccello attualmente in vita – anche se, purtroppo, a rischio di estinzione.

Ma se l’albatro reale vi sembra enorme, probabilmente resterete sorpresi di sapere che 25 milioni di anni fa esisteva un uccello dall’apertura alare di quasi 7 metri. Il suo nome è – era – Argentavis magnificens ed era un condor che abitava le Ande dell’America circa 6 milioni di anni fa.

Come dimensioni, può essere considerato il più grande uccello finora rinvenuto: ma di sicuro non il più efficiente, perché troppo pesante.

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Mito e alchimia

La Pietra filosofale è […] in tutte le cose create da Dio e tuttavia è disprezzata da tutti. Ricchi e poveri la maneggiano tutti i giorni… E tuttavia nessuno la apprezza, benché sia, dopo l’anima, la cosa più meravigliosa e più preziosa della Terra… Tuttavia è considerata la più vile e la più miserabile delle cose terrestri.

La pietra filosofale è un mito ricorrente nella cultura antica. Chi non è ne ha sentito parlare? A quel tempo era considerata parte integrante della scienza, una specie di reliquia che – con le giuste formule – era possibile ricreare. Anzi, per dirla tutta, era lo «scopo ultimo dell’alchimia», cioè di quella branca filosofica che includeva diverse discipline scientifiche (e che probabilmente portò alla nascita della chimica moderna).

Ma anche nella società moderna ogni tanto il suo nome salta alla ribalta, con un ruolo però legato al fantastico o al magico.

Che cos’è la pietra filosofale?

La pietra filosofale è una sostanza solida, che si presenta qualche volta allo stato liquido, simile all’ambra come aspetto o a una polvere rossa molto densa. C’è addirittura chi ha affermato che racchiuda in sé tutti i colori dello spettro visivo.

La sua origine sembra ricondursi al musulmano Geber, che attorno ai primi decenni dell’800 a.C. stabilì le basi di passaggio dalla chimica all’alchimia. A quel tempo gli arabi (e gli orientali in genere) erano un passo avanti rispetto agli occidentali nell’ambito della scienza e i misteri legati all’alchimia non impiegarono molto per sedurre i popoli vicini.

La conseguenza è che presero rapidamente piede nel continente europeo. L’ignoranza della gente fece il resto, trasformando i prodotti alchemici in misticismo. Il culmine arrivò nel Rinascimento. Fu allora, alla fine del 1700, che il conte di Cagliostro giurò di esserne entrato in possesso e di farne uso di frequente.

Potrebbe sembrare una favola per la notte, ma furono molte le persone che credettero di poterla ottenere e l’elenco include soggetti di spicco o di grande intelligenza, come il matematico Leibniz o la regina Cristina di Svezia. Le normali persecuzioni verso tutto quello che è strano e inspiegabile hanno costretto alcuni a lavorare in segreto, come per esempio l’enigmatico Paracelso.

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Luce e spazio

Ho ripetuto diverse volte che non esiste niente capace di muoversi a una velocità pari o superiore a quella della luce, cioè a una velocità superiore a circa 300 mila chilometri al secondo. Questo limite è stato imposto dalla famosa teoria della relatività di Einstein, che è stata dimostrata e confermata con esperimenti anche recenti – non starò qui a descrivere cosa dice la teoria, ma chi volesse approfondire può leggersi l’articolo che gli ho dedicato.

Il titolo di questa pagina, quindi, potrebbe sembrare una contraddizione. In effetti lo è, se lo prendiamo alla lettera. In realtà, la navicella che la NASA ha intenzione di costruire non andrà più veloce della luce ma permetterà di coprire grandi distanze in un tempo minore rispetto a quanto impiegherebbe la luce a percorrerla. Per fare un esempio pratico, se la luce impiega 10 minuti per andare da un punto A a un punto B, la navicella impiegherà 9 minuti (i numeri sono solo per dimostrazione).

Come ci riuscirà? Nell’unico modo – al momento – praticabile: deformando lo spazio. Il concetto è piuttosto diverso da quello  dei classici wormhole, cioè di quei tunnel che permetterebbero di unire due punti lontanissimi nello spazio; chi attraversa quel tunnel, può percorrere centinaia di chilometri in pochi secondi.

Nel caso della navicella della NASA (che si chiamerà IXS Enterprise), invece,  un motore particolare si occuperà di comprimere lo spazio per coprire la distanza in minor tempo. Il motore agirà davanti e dietro la navicella: da una parte espanderà lo spazio, dall’altra lo contrarrà. In pratica, lo spazio da percorrere risulterà più “ristretto” e quindi più corto da percorrere.

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Borghetto di Valeggio

Se vi capita di passeggiare per le vie di Borghetto, nei pressi di Valeggio sul Mincio, vi consiglio di spendere una mezz’ora per visitare il castello che si staglia come un’alta torre sull’orizzonte visibile oltre gli alberi. Non è difficile da raggiungere e nemmeno troppo lontano come sembra a prima vista.

Al di là della bellezza del castello scaligero – reso ancora più fatiscente dal terremoto del 1117 che ha devastato il nord Italia – quando si entra nel cortile si ha la sensazione che la struttura non sia del tutto abbandonata. Sarà la bassa presenza di turisti, che passano e scivolano via in pochi minuti; sarà l’aria medievale che si respira in ogni sua pietra; o ancora sarà la presenza degli alberi che circondano le torri come guardiani silenziosi, lasciandole protette e nascoste dalla vista esterna.

Oppure, come vuole la leggenda, sarà il freddo tocco del fantasma di messer Andriolo da Parma, che non ha mai abbandonato il castello nel tentativo di ripristinare il suo onore perduto.

Sulla bacheca nel cortile, vicino al manifesto che descrive la storia del maniero di Valeggio, è affisso un foglio con su scritto la vicenda del fantasma del castello. Una trama di mistero, di tradimento, di sangue e di onore perduto, sotto la luce della luna piena di Verona. Ve la riporto qui sotto, trascritta così come appare.

Onore e tradimento: nasce la leggenda della spada spezzata

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Tramandata dalla tradizione locale, raccontata sottovoce nei falò delle sere invernali, questa storia di sangue e mistero ha superato un lungo tempo per giungere fino ai nostri giorni. Per secoli, quando le notti erano paurosamente silenziose e buie e solo la luce della luna inargentava le torri merlate nel nostro Castello, nessun valeggiano osava avvicinarsi al maniero, perché tutti sapevano che qualcuno o qualcosa si aggirava lassù: ombra fra le ombre!

Fra coloro che abitavano sotto il colle, alcuni giuravano di averlo visto: uno spettro che vagava gelido e silenzioso, imperioso e temibile, nelle notti di luna piena…
Qualcuno bisbigliava che tutto traesse origine da una tragica storia d’armi, potere e tradimenti, avvenuta quando gli Scaligeri erano signori di Verona.

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