Il pensiero di Leibniz: Dio esiste perché niente accade senza un motivo

19 Novembre 2019 | Miti e religione

Chi era Leibniz

Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646-1716) è stato un uomo dalla mente eccezionale. È stato definito uno dei pochi geni universali esistiti nella storia dell’umanità, cioè una persona con una sapienza e una conoscenza fuori dal comune e che copre numerosi campi. Ha ottenuto la laurea in filosofia a 17 anni e un dottorato in legge a 20.

I suoi contributi nella matematica li usiamo ancora oggi e vale la pena almeno di citarli: ha definito il significato di funzione, ha messo i primi paletti sugli integrali e sul metodo induttivo, cioè al sistema per trovare una regola precisa partendo da casi singoli particolari. Ha persino creato un prototipo di calcolatrice e ha messo le basi per quella che oggi è l’informatica.

Ma Leibniz ha avuto un enorme ruolo anche nel pensiero filosofico, che è l’argomento che ci interessa in questo articolo. Tra le altre idee, grazie proprio al suo pensiero logico era arrivato a convincersi che Dio esistesse senza alcun dubbio. Vediamo di capire da dove sia nata questa sua convinzione.

Domanda: perché le cose funzionano in un certo modo?

Sembra strano che un uomo tanto logico come Leibniz sia arrivato a una deduzione così “spirituale” come il fatto che tutto il creato sia sorretto da Dio. In realtà, il suo pensiero è molto più complicato e unisce la fisica con la religione.

Il suo punto di partenza è stato una critica: in passato si preferiva capire come funzionavano le cose, mentre per Leibniz è più importante capire “perché” funzionano in un certo modo. Detto altrimenti, bisogna capire da dove viene la forza che permette alla materia di esistere e di formare degli esseri coscienti come noi. È come dire: «qual è l’origine di tutto?».

Le monadi, unità indivisibili e spirituali

Leibniz fonda la sua intuizione sul concetto di monade (dal greco «monas», cioè «unità»). Si tratta di una particella molto simile agli atomi, ma invece di essere materiale ha una sostanza solo spirituale. È in pratica un’entità da cui nasce il principio di forza e di azione, quello che poi va a muovere tutte le particelle materiali e le rende coscienti.

Leibniz non ha creato il concetto di monade soltanto perché gli piaceva l’idea, ma perché è l’unico che possa spiegare la “coscienza” che muove le particelle. Dal suo punto di vista, serve per forza un elemento non materiale (spirituale) per spiegare la formazione di una coscienza quando invece la materia è inerte.

Ecco alcuni concetti di base del ragionamento:

  • la realtà è composta da un numero infinito di monadi;
  • ogni monade racchiude la connessione dell’intero universo, cioè è come se fosse essa stessa un universo e se rappresentasse tutte le altre monadi;
  • nonostante il punto precedente, ogni monade è diversa rispetto alle altre, perché mostra la realtà intera da un punto di vista unico;
  • ogni essere vivente (inclusi noi) ha una monade dominante: l’anima;
  • Dio è la monade originaria da cui sono state create tutte le altre monadi;
  • le monadi possono morire solo se Dio viene annientato.

Quello di monade non è un concetto immediato da capire, serve un po’ di intuizione. Possiamo però arrivare a certe conclusioni. Per esempio, dai punti sopra possiamo capire che l’anima è immortale, perché è una monade e le monadi non possono essere distrutte finché Dio esiste.

Dio esiste perché tutto segue un ordine

Dai punti precedenti possiamo anche capire perché Dio deve esistere per forza. Infatti, ci possiamo rendere conto da soli che esiste un ordine ben preciso nel creato: alla notte segue il giorno, il tempo scorre sempre verso il futuro, la pianta nasce da un seme, nevica solo a certe condizioni ambientali, ecc.

Quindi ogni cosa avviene per un motivo ben preciso, un gioco di causa-effetto: si ha quell’effetto e non un effetto diverso, proprio perché c’è stata quella precisa causa a innescarlo. Secondo Leibniz, all’origine di tutto ci deve essere per forza un motore iniziale che abbia dato il via per creare quest’ordine; e il motore iniziale è Dio.

Riassumendo, Leibniz dimostra l’esistenza di Dio con la logica, secondo il principio della ragion sufficiente: ogni fatto che avviene ha una ragione sufficiente che spiega perché è accaduto proprio in quel modo e non diversamente. Non importa se noi esseri umani, che siamo limitati, non riusciamo a capire qual è la ragione. È così perché non può essere altrimenti.

Le critiche al suo pensiero

Naturalmente non tutti sono concordi con le deduzioni di Leibniz, altrimenti vivremmo in un mondo pieno di credenti. Al contrario, alcune statistiche moderne (anche se difficili da confermare, visto il tema delicato) parlano di un aumento degli atei e degli agnostici, di pari passo con l’aumentare del progresso e della libertà di pensiero.

In pratica, più siamo liberi di usare la logica e di formare le nostre idee personali, meno siamo religiosi. Ma anche altri esponenti del passato, come l’illumista Voltaire, hanno deriso Leibniz e la sua idea “ottimistica” che il nostro universo sia il migliore possibile, proprio perché è stato creato da Dio (la monade che ha generato tutte le altre).

Leibniz era decisamente un uomo logico. Perché non concordiamo tutti con lui?

Provo a dare la mia opinione personale. Al di là di quanto hanno espresso i filosofi e i pensatori che sono venuti dopo di lui, ci sono due punti in particolare su cui Leibniz fa acqua:

  • l’idea che debba esserci per forza una mano cosciente ad aver creato l’universo “ordinato” in cui viviamo. Infatti, quest’universo è ordinato per noi, proprio perché ci abitiamo, ma non è detto che il suo sia l’unico ordine possibile o il miglior ordine possibile. Potrebbe semplicemente essere nato per caso dopo innumerevoli errori.
  • l’idea che esistano delle verità universali (che Leibniz chiama verità di ragione), che sono ritenute valide senza bisogno di dimostrarle. Ne sono un esempio alcuni principi matematici e fisici, come il principio di Archimede; ed è vero, non abbiamo bisogno di dimostrare qualcosa che possiamo capire dalla semplice esperienza. Ma è qui il punto: si basa tutto sulla nostra esperienza e intuizione e soltanto perché adesso non riusciamo a dimostrare il contrario. È possibile che un giorno arriviamo anche a dimostrare l’indimostrabile. E siamo davvero sicuri che questi principi assoluti siano validi ovunque nell’universo? Se così non fosse?

Fonti principali
«Atlante illustrato di filosofia pratica», Edizioni del Baldo, 2017, pp. 104-106
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