Hikikomori, giovani che si autoescludono dal mondo e vivono di notte

9 Ottobre 2018 | Mente e corpo umano

«Hikikomori» è un termine giapponese che significa letteralmente «stare in disparte, isolarsi». Nello specifico deriva dalle due parole giapponesi hiku («tirare») e komoru («ritirarsi»): il significato è quindi qualcosa come «decidere di abbandonare e di ritirarsi».

Rappresenta infatti un fenomeno (piuttosto preoccupante) che si è sviluppato in Giappone, ma che si sta espandendo a macchia d’olio in ogni angolo del pianeta – Italia inclusa – in cui i giovani scelgono di isolarsi del tutto dalla vita sociale fino ad arrivare a condurre una vita nottura e spesso legata al web.

Sommario

Come si riconosce un hikikomori
L’identikit di un hikikomori
Essere un hikikomori è un problema?
Perché si ritira dal mondo?

È possibile guarire?
Come aiutare un hikikomori a uscirne

Come si riconosce un hikikomori

Tutti noi conosciamo almeno un amico che preferisce stare in piedi fino a tardi, vivendo al pieno la notte e dormendo di giorno. L’hikikomori però va ben al di là del semplice desiderio di “godersi la notte”, perché per lui è una vera e propria esigenza.

Gran parte della gente, infatti, vive di giorno e sempre di giorno restano aperti i locali, le istituzioni, i ristoranti pieni di gente. L’hikikomori vuole allontanarsi da tutto questo e allora ritirarsi nella notte diventa il modo più facile per farlo (se non l’unico).

L’identikit di un hikikomori

Il giovane recluso ha in genere tra i 14 e i 30 anni e non studia né lavora. Di solito è di sesso maschile (ma il numero di ragazze è in crescita). È senza amici, parla a malapena con i genitori e si ritira per gran parte del giorno nella sua camera da letto. Il suo imperativo è: «evitare il confronto con l’esterno». L’unico modo che usa per interagire con il mondo è il computer e il cellulare, perché così non deve esporsi; infatti di solito usa dei falsi profili.

Spesso l’hikikomori presenta depressione e alcuni disturbi mentali evidenti, come il disturbo ossessivo-compulsivo (ne ho parlato in questo articolo). Inoltre circa la metà di loro sfoga la frustrazione con l’aggressività nei confronti dei genitori.

Secondo alcuni dati, in Giappone gli hikikomori hanno superato la strabiliante cifra di un milione di individui: stabilire un vero numero è impossibile, perché è difficile capire chi rientra davvero nel ruolo. Quello che si sa, purtroppo, è che i numeri stanno crescendo e si stanno allargando anche in Europa e in America. In Italia abbiamo già toccato i 100mila giovani, a tal punto che si sono create delle istituzioni apposite per diffondere l’allarme, tra cui la Hikikomori Italia [vedi le fonti a fine articolo].

Gli hikikomori sono il risultato del mondo moderno, dove quasi tutto può diventare accessibile attraverso il web e la tecnologia: dall’interazione sociale all’ordinare una pizza da mangiare e al farsi consegnare a casa dei nuovi vestiti. Se non è internet a provvedere, sono i genitori. Non è un caso che il fenomeno coinvolga gli Stati più sviluppati: figure come questa, infatti, non trovano spazio nei Paesi poveri dove è necessario darsi da fare per sopravvivere e di sicuro trovavano posto difficilmente in tempi antichi, quando bisognava per forza uscire per procurarsi di che vivere.

Può sembrare una contraddizione il fatto che solo il 10% circa degli hikikomori navighi sul web, preferendo invece leggere e oziare in camera; ma dal mio punto di vista è proprio la sicurezza moderna data dal benessere a permettere il dilagare del fenomeno, sia direttamente (con la tecnologia) e sia indirettamente (con i genitori benestanti che non hanno necessità di rendere il figlio indipendente).

Essere un hikikomori è un problema?

Di per sé, l’hikikomori corre meno rischi delle persone considerate “fortemente depresse”, perché il fatto di essersi rinchiuso lo porta in un’area di sicurezza, dove si sente finalmente protetto. In effetti il tasso di suicidi tra gli hikikomori risulta basso.

Tuttavia il giovane sente che qualcosa manca. L’assenza di un obiettivo preciso può essere un motivo d’insoddisfazione, come la mancanza di amici stabili (l’essere umano è una specie sociale e questo vale anche per chi dichiara di “odiare la gente”).

Il problema peggiore è la sua inattività. A parte il fatto di essere “improduttivo” per la società e per la famiglia in cui vive, un giorno l’individuo potrebbe uscire dalla sua condizione e accorgersi di aver perso del tempo utile per costruirsi un futuro. Il rischio è di cadere di nuovo nella depressione, motivo per cui si deve agire il più presto possibile per tentare di aiutarlo.

Perché l’hikikomori si ritira dal mondo

Non si deve fare l’errore di giudicare l’hikikomori come una semplice persona svogliata o troppo timida per interagire. L’hikikomori è più che altro un individuo che ha perso fiducia nel mondo che lo circonda e che lo considera troppo complicato e difficile da affrontare. Il suo pensiero è qualcosa come: «Chi me lo fa fare di vivere in mezzo agli altri, quando posso sopravvivere da solo ed evitarmi quindi tutti i problemi sociali?».

Non ci si diventa da un giorno all’altro, è un percorso che si definisce in anni di vita e per cause legate in genere all’ambiente in cui si vive. Spesso (ma non è detto) il giovane ha avuto una madre troppo protettiva, mentre la figura paterna è stata quasi del tutto assente. Niente di strano quindi che il fenomeno si sia sviluppato in Giappone, dove il lavoro occupa gran parte del tempo dei padri.

Ma la causa principale (anche questa molto presente in Giappone) è la terribile competizione nel mondo del lavoro e della scuola, che è praticamente presente in ogni Nazione. La società ci “obbliga” a raggiungere il successo e la perfezione con ogni mezzo e a trovare il nostro posto nel mondo del lavoro. Già a scuola siamo costretti a scegliere un percorso quando ancora non capiamo bene a cosa possa portare, e tornare indietro è quasi impossibile. Sappiamo bene che, se non riusciamo a realizzarci in tempo, finiremo per essere esclusi dalla società.

Tutto questo provoca una pressione psicologica enorme sulla persona, con uno stress sempre più forte. Molti di noi riescono a sopportarla e ad ignorarla, ma l’hikikomori finisce per soccombere e per abbandonare le speranze.

È possibile guarire?

Quello che colpisce l’hikikomori può essere visto come un disturbo mentale e sociale e, come succede sempre in questi casi, la guarigione è lenta e ha bisogno di un aiuto esterno. Da soli è difficile uscirne.

Il guaio è che l’hikikomori fa di tutto per isolarsi ed entrare nella sua “area confortevole” è complicato. È negativo e sfiduciato, per cui farà fatica ad accettare il vostro punto di vista ottimista.

Come aiutare un hikikomori a uscirne

L’ultima cosa che dovete fare è sminuire il suo problema, perché rappresenta il suo modo di vivere. Inoltre non dovete aggiungere altra pressione: dovete evitare frasi che possono riassumersi con «se non cerchi di uscire dal tuo guscio, non troverai mai un posto nella società o nella tua vita».

Cercate il dialogo e la discussione (il giovane deve ragionare con voi), senza tormentarlo troppo. Per esempio potete cercare di farvi spiegare se ha subito episodi di bullismo a scuola, che potrebbero essere state le cause scatenanti della depressione.

Evitate di imporvi o di obbligarlo ad agire; per contro, evitate anche di essere troppo protettivi nei suoi confronti. Uscire dalla bolla di protezione che si è costruito può richiedere mesi, per cui abbiate pazienza.

Se siete i genitori del giovane, comunque, prima di affrontare il figlio c’è un’altra cosa che dovreste fare: un’auto-analisi. Come abbiamo visto l’hikikomori è spesso il frutto dell’ambiente famigliare, magari un’iperprotezione o la mancata presenza fissa di uno dei genitori. Capire se l’ambiente famigliare ha giocato un ruolo nella vicenda può aiutarvi nel dialogo con il ragazzo.

E come sempre, il modo migliore per agire è rivolgersi a un esperto, che saprà indirizzare sia voi che il giovane.

Fonti principali
Hikikomori Italia - Associazione nazionale di informazione e supporto sul tema dell'isolamento sociale volontario
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