Perché l’uomo segue la folla

30 Giugno 2013 | Mente e corpo umano

Effetto branco

In greco la pecora ha un nome che rivela molte cose. Viene detta pròbaton, che deriva dal verbo il cui significato è “procedere”, cioè «animale che cammina in avanti». È un nome straordinario: l’animale non ha altra scelta, né altra funzione, che quella di procedere in avanti. È tutto ciò che sa fare!
E l’arguzia dei Greci non si esaurisce qui, poiché essi rendono l’animale neutro e lo chiamano «la cosa che va avanti». Questa espressione illustra l’aspetto più negativo della pecora, che segue l’ariete campo branco dovunque esso vada. Un detto comune afferma che se un lupo o un cane inseguono un ariete fino a farlo cadere in un precipizio, anche duecento o trecento pecore salteranno dietro di lui giù dal dirupo.

L’eterno fanciullo, di Marie-Louise von Franz

La citazione qui sopra continua con un anedotto realmente accaduto, in cui una decina di anni fa a Lenzerheide, sulle Alpi, un cane lupo spinse un ariete a cadere in un burrone. I pastori si ritrovarono a dover uccidere circa duecento pecore, perché avevano seguito il capo branco e si erano letteralmente tuffate nel precipizio, ammassandosi l’una sull’altra.

La pecora viene usata nel libro come analogia per descrivere il comportamento umano nel suo insieme, cioè per rappresentare quella che viene chiamata psicologia di massa. Il succo è questo: fino a quando un uomo agisce da solo è completamente indipendente e cosciente delle sue scelte. Ma se l’uomo entra in un gruppo, soprattutto se esteso, si sentirà spinto a comportarsi come un’unica entità con tutta la folla. La sua capacità di giudizio e i suoi impulsi saranno sostituiti da quelli della folla.

Tutti ne siamo soggetti, anche se in misura diversa. L’uomo è, per sua natura, un animale sociale nato per vivere in gruppo. Seguire le orme del gruppo è nella sua natura. Il libro di Marie-Louise si riferisce in modo particolare a una categoria di persone che chiama Puer Aeternus (da cui appunto il titolo “L’eterno fanciullo”), in cui il soggetto fatica a diventare adulto e mantiene quei tratti di carattere che sono tipici dei bambini.
A ogni modo, l’analogia con la pecora non è prerogativa soltanto del Puer Aeternus, ma degli uomini in generale.

Chi più, chi meno, apparteniamo tutti a un gregge

Siamo sempre influenzati dagli altri

Facciamo qualche esempio. Se al cinema un film attira parecchia gente, il nostro primo pensiero sarà che «probabilmente deve essere interessante da vedere»: nella maggioranza dei casi sceglieremo questo film al posto di un altro di cui avevamo sentito parlare. Come insegna la storia, non sempre i film più seguiti e vincitori di premi sono anche i migliori da vedere.

Un altro esempio più sottile sono le gallerie d’arte. A meno che non siate dei critici, se vi trovate davanti un quadro che ritenete orribile ma che la gente attorno a voi sta ammirando estasiata, sarete spinti a controllare l’autore prima di avanzare una qualsiasi critica. Se questo quadro è un Picasso, sarà difficile “osare” insultarlo davanti agli altri, perché la critica lo ritiene un capolavoro.

Credete di essere esclusi da questa categoria? Abbiamo già visto che l’evoluzione naturale spinge l’uomo a certi comportamenti, che lo vogliamo o meno. Anche se siamo coscienti delle nostre scelte, spesso preferiamo uniformarci. La conferma ce l’abbiamo sottomano tutti i giorni.

La fede amplifica l’effetto gregge

L’esempio assoluto è dato dalla religione. Le istituzioni religiose, qualsiasi esse siano, ci spingono sin dalla nascita a credere, cioè a non pensare, e a basarci sui dettami impartiti dai capi religiosi o dai libri come la Bibbia. Se ci fermiamo un attimo a pensare, ci rendiamo conto senza difficoltà che queste «regole» non sono spiegate: Dio esiste perché è così; i dieci comandamenti vanno rispettati perché è Dio ad averlo ordinato; la resurrezione della carne di Cristo è un atto di fede, non si può spiegare.

Al di là del fatto che siano regole che apprezziamo o meno, ci sentiamo spinti a rispettarle. Non solo perché così ci è stato insegnato, ma perché è in questo modo che si comporta gran parte della gente.

Per alcuni versi questo comportamento ha dei lati positivi e ci aiuta a indirizzare le nostre scelte. A volte, però, credere ciecamente in qualcosa senza rifletterci può diventare davvero dannoso. È inutile ribadire come è andata a finire durante l’era del nazismo. È impensabile che milioni di tedeschi abbiano cambiato improvvisamente mentalità, decidendo che alcune razze andavano “eliminate”. È più realistico pensare che fossero consapevoli delle loro azioni, ma che «chiudessero gli occhi e seguissero il loro ariete». Finendo, come con la storia delle pecore, per cadere in un precipizio e ammassarsi uno sull’altro.

La soluzione? Come sempre, è nel mezzo. Un po’ di «fanciullino» e di fede cieca può essere utile, ma essere un Puer Aeternus e seguire sempre la massa senza fermarsi a pensare è senz’altro dannoso.

Fonti principali
Marie-Louise von Franz, «L'eterno fanciullo»
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